Capire come funziona l’attrito su scala microscopica per comprendere le dinamiche, macroscopiche, dei terremoti. Potrebbe essere una delle applicazioni dello studio pubblicato su Science e guidato da Oded Ben-David dell’Università Ebraica di Gerusalemme (Israele), nel quale i ricercatori mostrano come le forze su due superfici a contatto che scorrono una sopra l’altra non siano uniformi, come creduto finora. Abbiamo chiesto a Stefano Zapperi del Cnr-Ieni di Milano, e autore sullo stesso numero di Science di una Perspective sulle implicazioni dello studio, di spiegarci l’importanza della ricerca e le sue applicazioni pratiche.
“L’attrito, ovvero la resistenza opposta da un corpo che viene fatto scivolare su un piano, è la forza che ci permette di camminare ma è anche quella che può determinare l’usura di parti meccaniche in contatto”, spiega il ricercatore: “Su scala microscopica, questo fenomeno è ancora poco conosciuto”.
Per comprenderlo meglio, i ricercatori israeliani hanno studiato l’attrito tra due blocchi di plastica trasparenti fatti scivolare uno sull’altro. Gli scienziati hanno misurato sia la variazione delle forze lungo la superficie condivisa, sia l’area di contatto tra i due blocchi, rivelata attraverso metodi ottici (usando un fascio laser). Infatti, anche se si tratta di superfici molto lisce, i punti di contatto reale – che determinano l’attrito – sono pochi. “I ricercatori hanno così osservato che quando un blocco si mette in moto, i contatti non si rompono tutti insieme, ma un po’ alla volta, formando un fronte di distacco – prosegue Zapperi – ma il risultato più sorprendente è stato scoprire che le forze sulla superficie di contatto variano lungo la superficie stessa: finora si tendeva a pensare che queste forze fossero più o meno uniformi”.
Come chiarisce lo studioso, sono proprio queste forze a determinare la velocità del fronte di distacco e conoscere la loro distribuzione spaziale è molto importante per capire come si mette in moto un corpo. O una placca tettonica. Questo studio di base, infatti, potrebbe essere utile per capire la dinamica dei terremoti, fenomeni dovuti allo scorrimento tra due faglie tettoniche e assimilabili quindi a un problema di attrito su scala molto grande. “Si può infatti ipotizzare – ha concluso Zapperi – che la conoscenza delle forze lungo una faglia possa aiutare a prevedere dove si scatenerà un terremoto”.
Riferimenti: Science DOI: 10.1126/science.1194777
DOI: 10.1126/science.1196859
mi sembra che non hanno scoperto nulla di nuovo. Anche sfregando semplicemente le mani si sente benissimo la discontinuità dell’ attrito. Ci vuole ben altro per prevedere una scossa di terremoto.