Sulle tracce degli antichi italiani

Per la prima volta ne abbiamo le prove: anche le popolazioni italiche hanno contribuito al ripopolamento dell’Europa dopo l’ultima glaciazione, circa diecimila anni fa. Gli indizi paleontologici di animali e piante già lo facevano supporre, ma le tracce genetiche di un’espansione partita dalla nostra penisola sono state trovate solo ora, da un gruppo di ricercatori dell’Università di Pavia guidati da Antonio Torroni.

Lo studio, pubblicato su The American Journal of Human Genetics, è stato svolto sul Dna mitocondriale (che si trasmette solo per via materna) di 35.000 individui appartenenti a 81 popolazioni europee e medio-orientali. Le analisi mostrano che una linea genetica di probabile origine italiana, l’aplogruppo U5b3, è rintracciabile praticamente in tutta Europa, sebbene abbia una bassa frequenza (trovandosi solo nell’1,5 per cento delle popolazioni).  

Ecco, semplificando, lo scenario ipotizzato. L’Europa è stata colonizzata dagli esseri umani moderni (provenienti dall’Africa) circa 46 mila anni fa; poi le condizioni climatiche sono peggiorate, fino al picco glaciale verificatosi tra i 21 e i 18 mila anni fa. In questo periodo le popolazioni si sarebbero divise per ritirarsi in piccoli gruppi nelle aree più calde, chiamate rifugi, limitando le migrazioni e, quindi, la ricombinazione genetica tra le diverse “tribù”. Secondo l’ipotesi corrente, in questo periodo il patrimonio genetico degli europei paleolitici ha subito un profondo sconvolgimento: dato il lungo isolamento, le diverse varianti genetiche si sarebbero conservate o sarebbero andate perdute in modo indipendente in ciascuna tribù (il fenomeno viene definito “effetto del collo di bottiglia”).

Questa differenziazione genetica è ancora rintracciabile negli europei moderni. Sono infatti molte le evidenze filogenetiche che documentano il ruolo dei gruppi dell’Europa del Sud nel ripopolamento del continente nel primo Olocene: le popolazioni della Francia del Sud (linea genetica franco-cantabrica), dei Balcani e dell’Ucraina sono quelle che maggiormente hanno contribuito alla ricolonizzazione. Dati genetici che provassero l’esistenza di un rifugio italiano e delle migrazioni post-glaciali dalla nostra penisola erano, invece, finora inesistenti. “È la prima volta che si rintraccia una identità etnica italiana”, ha confermato Torroni a Galileo: “Nel contesto europeo è molto difficile evidenziare queste discendenze, perché le tribù sono scomparse molto presto nella storia europea, circa 2000 anni fa”.

Secondo la ricostruzione proposta da Maria Pala, prima autrice dello studio, è probabile che dal rifugio italiano le migrazioni abbiano seguito da una parte (a Ovest) la linea della costa tirrenica verso la Provenza, e dall’altra (a Est) il margine orientale degli enormi ghiacciai alpini che sbarravano il passaggio.

Lo studio genetico documenta anche un altro importante evento: l’origine di una parte della attuale popolazione della Sardegna. Un sottogruppo della linea mitocondriale uscita dall’Italia è presente infatti solo nell’isola (con una frequenza del 4 per cento). Questa linea, U5b3a1a, mostra però maggiori somiglianze con un sottogruppo francese (U5b3a1b) che non quelli italiani. Secondo le analisi, le due linee – francese e sarda – si sarebbero separate tra i 6 i 9 mila anni fa. Per i ricercatori questo si spiega supponendo che il gruppo italiano migrato verso ovest sia poi rientrato in Sardegna passando dalla Provenza. I dati archeologici confermano che tra gli 8 e i 4 mila anni fa si protrassero intensi rapporti commerciali tra le due coste, tanto che quasi l’80 per cento dell’ossidiana dei siti francesi proviene dal Monte Arci, in provincia di Oristano. I sotto-aplogruppi U5b3a1a e U5b3a1b sono quindi le evoluzioni locali – sarde e provenzali – dell’antico ramo italico. (t.m.)

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