Sono migliaia di svedesi che hanno un microchip sottopelle: funge da carta di credito, tessera dei mezzi di trasporto, o chiave magnetica. Una volta inserito il chip, non bisogna più preoccuparsi di non perdere le carte, o portarsi appresso un portafogli stragonfio.
È scoppiata una moda in Svezia, che, secondo alcuni, sarebbe da attribuire al forte welfare di cui gode la società nordica. In realtà, i motivi per cui 3.500 svedesi hanno scelto di impiantare un chip sono molto più complessi di quanto ci si potrebbe aspettare. A guardare meglio, la passione degli svedesi per tutto il mondo digitale va molto più in là dei microchip. Il caso, infatti, è da ricondurre a un fenomeno più ampio: il biohacking.
Il termine biohackers si riferisce a quei dilettanti biologi che conducono esperimenti di biomedicina al di fuori di istituti convenzionali, quali possono essere università, centri ricerca o altri ambienti controllati. Proprio come gli hacker informatici piratano i computer, i biohacker piratano qualsiasi cosa abbia a che fare con la biologia.
Il biohacking è un fenomeno molto variegato, con varie sottocategorie che seguono interessi, obiettivi e ideologie diverse. In particolare, esistono due linee principali: i “wetware hackers” e i transumanisti.
I wetware hackers sono biologi per hobby, partecipi alla “citizen science” (ovvero una disciplina che coinvolge in modo attivo i cittadini nelle ricerche a carattere scientifico, ndt), e costruiscono delle attrezzature di laboratorio con utensili domestici. Si applicano alla cosiddetta “scienza frugale”, ovvero cercano soluzioni economiche che possono migliorare la qualità di vita di chi vive nei paesi in via di sviluppo. Ma fanno anche esperimenti più divertenti, come modificare geneticamente delle piante per farle diventare fluorescenti, o creare nuovi tipi di birra attraverso le alghe.
L’altra categoria di biohackers, i transumanisti, si concentra invece sul potenziamento del corpo umano, con lo scopo, a lungo termine, di migliorare la specie umana. Solo migliorando noi stessi, superando i confini della biologia, gli umani potranno, in futuro, competere con l’intelligenza artificiale.
Spesso, gli scenari di biohacking, riflettono le diverse società e culture all’interno delle quali prendono vita. Così, per esempio, i biohacker europei sono diversi dalle loro controparti nord americane. Questi ultimi si concentrano sul trovare alternative alle prassi mediche istituite dal sistema sanitario. Mentre i gruppi europei sono più focalizzati su trovare modi di aiutare le persone nei paesi in via di sviluppo o impegnarsi in progetti bio-artistici.
Ma la cultura del biohacking in Svezia è diversa dal resto d’Europa. I biohacker svedesi sono, in genere, seguaci del movimento transumanista. E sono proprio i transumanisti – o meglio, il sottogruppo dei cosiddetti “grinders” – che hanno inserito dei chip NFC in qualche zona tra il pollice e l’indice di migliaia di svedesi. Si tratta degli stessi chip usati da anni per tracciare animali e pacchi.
Ma che succede in Svezia?
Ma quindi, perché gli svedesi sono così felici di farsi impiantare dei microchip nel corpo? Una delle teorie avanzate a riguardo è che gli svedesi siano più propensi a condividere le loro informazioni personali a causa della struttura del sistema di sicurezza sociale della Svezia.
Ma questo mito dello “svedese naïve”, che si fida ingenuamente del governo e delle istituzioni, è un’esagerazione – che è stata fra l’altro notata dal ministro degli affari internazionali. Se questa può rappresentare parte della spiegazione, non è certamente l’unica verità. È invece più convincente cercare il motivo nella forte fiducia nel mondo digitale che hanno gli svedesi, che credono profondamente nel ruolo positivo della tecnologia.
Negli ultimi vent’anni, il governo svedese ha investito molto nelle infrastrutture tecnologiche, e si vede. L’economia svedese è ampiamente basata sull’export digitale, sui servizi digitali e sulle innovazioni tech. E la Svezia è diventata uno dei paesi al mondo che hanno maggiore successo nel creare ed esportare i prodotti digitali. Basti pensare che molti colossi del digitale, fra cui Skype e Spotify, sono stati fondati in Svezia.
Credere nella tecnologia digitale e avere fiducia nel suo potenziale ha fortemente influenzato la cultura svedese. Ed è su questo che è cresciuto il movimento transumanista. La Svezia, infatti, ha un ruolo importante nella formazione di questo movimento. La fondazione transumanista globale Humanity+ è stata co-fondata dallo svedese Nick Bostrom nel 1998. Da allora, molti svedesi si sono convinti che dovrebbero provare a migliorare e potenziare i loro corpi biologici.
Quindi, mentre il mondo è sconvolto dal numero di persone microchippate in Svezia, bisognerebbe usare questa opportunità per investigare più a fondo della notevole relazione della Svezia con tutto ciò che è digitale. Dopotutto, questo fenomeno recente, è solo una delle manifestazioni di una fede profonda nella tecnologia che rende unica la Svezia.
L’articolo è stato pubblicato in inglese su The Conversation. Traduzione a cura di Alice Matone.