Una gabbia che imprigiona i fattori protettivi e li difende dagli attacchi di altre sostanze. Appare così la struttura del cosiddetto colesterolo buono, identificata per la prima volta, grazie a sofisticate tecniche di spettroscopia, da un gruppo di ricerca del dipartimento di patologia e medicina di laboratorio presso l’Università di Cincinnati. Una scoperta che potrebbe avere importanti risvolti nella cura di malattie cardiovascolari, come attacchi di cuore e infarti, come scrivono gli stessi ricercatori in uno studio apparso sulla versione online di Nature Structural & Molecular Biology.
Spesso si sente parlare di colesterolo “buono” e colesterolo “cattivo”. Che cosa distingue queste due varianti? Il colesterolo è un insieme di proteine presenti nel nostro corpo, caratterizzate da diverse strutture che, pur facendo parte della stessa famiglia, determinano effetti opposti sulla salute umana. Il colesterolo “cattivo”, in termini scientifici definito LDL (Low-Density Lipoproteins), è responsabile di severe malattie cardiovascolari. Il colesterolo “buono”, o HDL (High-Density Lipoproteins), presenta proprietà anti-infiammatorie e anti-ossidative.
Sebbene si conduca molta ricerca su questo tema, poco si sa su cosa renda “buono” il colesterolo. “Il motivo principale è rappresentato dalla quasi completa mancanza di conoscenza della struttura delle HDL e di come questa interagisca con altri importanti fattori presenti nel plasma”, ha spiegato W. Sean Davidson, a capo della ricerca. A livello molecolare, funzione e struttura sono infatti due concetti strettamente collegati. Ed ecco la novità apportata dai ricercatori statunitensi: grazie a sofisticate tecniche di spettroscopia e spettrometria di massa, è stato possibile analizzare la struttura tridimensionale di HDL umane. I risultati hanno mostrato che queste proteine formano una struttura a gabbia, che incapsula il contenuto lipidico, in grado di adattarsi nel tempo grazie a meccanismi di torsione e ammortizzazione. I ricercatori hanno inoltre compreso che la maggior parte di queste interazioni fisiologiche avvengono sulla superficie delle HDL, che è quasi interamente occupata dalla proteina cardioprotettiva apolipoproteina A-I. Trovando tutta la superficie occupata, le altre proteine hanno poca possibilità di interazione con le HDL; in questo modo vengono accentuati i suoi effetti benefici.
Come sottolinea Davidson, lo studio della struttura delle HDL aiuta a svelarne i meccanismi di interazione. Comprendere il funzionamento del colesterolo “buono” è fondamentale per capire i suoi effetti cardioprotettivi e apre le porte per una migliore cura delle malattie cardiovascolari.