L’estate volge ormai al termine. E con lei l’afa dei mesi più caldi. Ma nei prossimi anni, forse, avremo un’arma in più per difenderci dalla calura. A metterla a punto un’équipe di scienziati della Stanford University: si tratta di un nuovo tipo di tessuto, creato assemblando particolari nanostrutture, che permette una traspirazione molto più efficiente rispetto ai materiali tradizionali, sia in termini di calore che di radiazione infrarossa. I dettagli della scoperta sono stati pubblicati sulla rivista Science: stando a quel che dicono gli autori del lavoro, coordinati da Yi Cui, docente di ingegneria dei materiali, il nuovo tessuto permetter di sentire più fresco di quasi 3 gradi rispetto al cotone e di 2 gradi rispetto agli altri tessuti sintetici attualmente disponibili in commercio.
I tessuti esistenti, dicono ancora gli scienziati, sono abbastanza efficienti nel disperdere l’umidità del corpo umano, ma falliscono nella dispersione della radiazione infrarossa emessa dal corpo stesso, che rimane intrappolata tra corpo e vestiti aumentando la temperatura. Un materiale che si presta molto alla dispersione di tale radiazione è il polietilene – materiale plastico – che però ha il piccolo difetto di lasciar passare anche la luce visibile. In altre parole, si tratta di un materiale trasparente, il che lo rende comprensibilmente inadatto al confezionamento di vestiti.
Per aggirare il problema, gli scienziati hanno reingegnerizzato il materiale in modo tale da cambiarne la dimensione dei pori, aggiungendovi poi altre sostanze chimiche che lo hanno reso più opaco senza alterarne le proprietà traspiranti. Per testare il tessuto, gli scienziati hanno utilizzato un dispositivo che riproduce la pelle umana, monitorandone temperatura e umidità: i risultati della sperimentazione sono molto promettenti, ma dovranno passare almeno tre anni prima dell’eventuale commercializzazione del tessuto, che dovrà prima essere testato sugli esseri umani. “Ci sono molti fattori ancora da considerare”, spiega a Business Insider Yogendra Joshi, professore di ingegneria meccanica al Georgia Institute of Technology, non coinvolto nello studio, “come la compatibilità del tessuto con la pelle, la lavabilità, la durabilità e l’influenza su proprietà radiative ancora inesplorate. Rimpiazzare tessuti come il cotone, in uso da oltre 8mila anni, non sarà un compito facile”.
Via: Wired.it