Teletrasporto, ci siamo quasi

I fisici lo chiamano, in gergo, entanglement. Un meccanismo non proprio intuitivo: due particelle quantistiche intrinscamente accoppiate tra loro, in modo tale che ciascuna di esse si “accorga” istantaneamente di tutto ciò che succede all’altra. Anche se sono molto lontane. Sembra fantascienza, eppure è realtà. Ed è alla base dell’ultimo esperimento degli scienziati del centro di ricerca Quantop al Niels Bohr Institute della University of Copenhagen, che sfruttando questa bizzarra proprietà sono riusciti a teletrasportare informazioni tra due nuvole di atomi di gas distanti mezzo metro tra loro.

Gli scienziati hanno pubblicato il loro lavoro sulla rivista Nature Physics: “Il risultato che abbiamo ottenuto è un grande passo in avanti nel campo dell’informazione quantistica“, commenta orgoglioso Eugene Polzik del Quantop, uno degli autori della ricerca. Nel loro esperimento, i fisici hanno utilizzato due contenitori di vetro, ciascuno dei quali contiene una nube di miliardi di atomi di gas di cesio. I due “bicchieri” non sono in alcun modo collegati l’uno all’altro, ma le informazioni vengono teletrasportate da una nube all’altra per mezzo di luce laser

Il meccanismo funziona press’a poco così: entrambi i contenitori sono immersi in un forte campo magnetico, e quando il laser (sintonizzato a una specifica lunghezza d’onda) colpisce gli atomi del gas, i loro elettroni più esterni reagiscono, “puntando” nella stessa direzione. Semplificando, si può dire che si comportano come piccole calamite orientate verso l’alto o verso il basso: è questa la caratteristica che va a comporre l’informazione quantistica, proprio come gli zero e gli uno dei bit tradizionali.

Il gas eccitato dal laser emette fotoni, cioè particelle di luce, che contengono l’informazione. La luce viene quindi inviata all’altro contenitore e l’informazione viene “letta” e memorizzata da un rivelatore. A questo punto il segnale compie il percorso inverso: viene inviato nuovamente al primo gas, i cui atomi si orientano di conseguenza. Un meccanismo piuttosto complicato, non c’è che dire. Ma funziona. 

Gli scienziati puntano adesso ad aumentare la portata spaziale dell’apparato sperimentale. “Per ora siamo arrivati a mezzo metro. Ma dipende solo dalle dimensioni del laboratorio”, conclude Polzik. “Se avessimo abbastanza spazio, potremmo aumentare la portata, e, almeno in linea di principio, teletrasportare l’informazione anche fino a un satellite“. Staremo a vedere.

Riferimenti: Nature Physics doi:10.1038/nphys2631

Credits immagine: crismetcalf/Flickr

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