Nello Spazio come sulla Terra, il tempo è variabile. In ambito spaziale il pericolo però non è rappresentato da fulmini o grandine, ma dai brillamenti solari, fenomeni durante i quali il Sole espelle violentemente materia e radiazioni, con getti lunghi centinaia di milioni di chilometri. Si tratta di eventi potenzialmente pericolosi per le attività umane e dai quali possiamo tentare di proteggerci solo cercando di monitorare la nostra stella, per adottare, per tempo, contromisure adeguate. È questo quello che sostengono gli esperti riunitisi alla 17esima “International Space Conference”, che si è tenuta nei giorni scorsi a Roma.
La meteorologia spaziale si occupa di descrivere le condizioni dell’attività solare e della magnetosfera, ionosfera e termosfera terrestri, in grado in influenzare l’efficienza e l’affidabilità dei sistemi tecnologici in volo nello Spazio o installati a Terra. Fenomeni che possono mettere in pericolo lo svolgimento delle normali attività umane e, nei casi più gravi, la vita stessa.
L’attività solare comprende il verificarsi di periodici rilasci nello spazio di enormi quantità di energia sotto forma di radiazioni o di plasma. Si tratta del fenomeno noto appunto come brillamento stellare. Quando la materia espulsa ci raggiunge, si avvia un’interazione con il campo magnetico terrestre, che ha il ruolo di schermo deflettore. L’effetto più diretto da osservare sono le aurore polari che avvengono quando le particelle del vento solare diventano visibili proprio durante lo scontro con la magnetosfera. In condizioni normali. queste sono osservabili solo alle latitudini più alte.
Le conseguenze terrestri del brillamento stellare, tuttavia, non sono solo le spettacolari aurore polari. Se nel 1859, quando l’astronomo Richard Carrington compì la prima osservazione da parte dell’uomo di un evento simile, gli effetti per gli esseri umani furono sostanzialmente nulli in quanto la tecnologia non aveva raggiunto un livello tale da considerare un rischio le perturbazioni del campo magnetico terrestre, oggi non sarebbe così. Ce lo hanno dimostrato negli ultimi anni casi di eventi simili, ma su scala più piccola.
“La nostra stella”, ha affermato Mauro Messerotti, astronomo dell’Inaf di Trieste, “può rappresentare una minaccia dai contorni non ancora completamente conosciuti. Abbiamo soltanto dati relativi agli ultimi 24 cicli, degli oltre 400 milioni, che il Sole ha seguito durante la sua attività undecennale. Non esiste quindi un modello matematico previsionale affidabile simile a quelli che i meteorologi applicano per descrivere la fisica dell’atmosfera terrestre”.
In questo momento, intorno alla Terra orbitano circa 700 satelliti e molti di questi sono fondamentali per numerosi aspetti dalla vita e delle attività umane. Basti pensare alla costellazione Gps sui cui si basa la navigazione degli aerei di linea ma anche di cargo navali, oltre alla semplice guida di veicoli privati. Perdite di efficienza del posizionamento satellitare sono già state osservate durante eventi non estremi: il 5 dicembre 2006 un brillamento di media entità mise in difficoltà per circa 40 minuti la navigazione Gps diminuendo del 50 per cento la potenza del segnale. In caso di evento maggiore, simile a quello del 1859, la perdita di efficienza avrebbe rischiato di essere totale, lasciando senza bussola per un tempo indefinito aerei e navi. Non solo, se il brillamento dovesse investire equipaggi di astronauti in orbita intorno alla Terra, la dose di radiazioni assorbita potrebbe essere letale.
La vulnerabilità del nostro sistema tecnologico riguarda anche le infrastrutture legate alla produzione e alla distribuzione di energia elettrica e le reti di comunicazione. Nel 1940, nel 1972 e nel 1989 sono stati registrati blackout e interruzioni delle linee telefoniche in conseguenza di tempeste solari. Essere sulla traiettoria di una queste ondate di energia è un fattore affidato al caso. Il Sole produce con una certa regolarità brillamenti di grande potenza ma, nella maggior parte dei casi, destinati a disperdersi nello Spazio senza interessare la Terra. È stato calcolato che esiste, nell’ambito di un decennio, una probabilità del 12 per cento di essere colpiti da un brillamento ad alta energia.
Come affrontare quindi il problema? Anche in questo caso, manchiamo di esperienza diretta. Da quando l’umanità ha raggiunto un alto livello di sviluppo tecnologico, il nostro pianeta non è mai stato esposto a brillamenti di portata storica e quindi non è possibile proporre dati certi riguardo l’entità dei danni. Secondo gli esperti alla International Space Conference la direzione verso la quale muoversi è quella della comprensione della fisica solare e del monitoraggio della sua attività. La speranza è che lo sviluppo di un modello previsionale maggiormente accurato possa consentire di avvisare per tempo i gestori delle infrastrutture più critiche. La fornitura di avvisi tempestivi e di dati sull’entità del brillamento in arrivo potranno essere decisivi per attuare contromisure che quantomeno limitino i danni.
Credits immagine: NASA/SDO/AIA
Tempeste solari, scusatemi ma mi sento di sottolineare l’errore
o il refuso che dir si voglia, e cioè : i brillamenti solari arrivano
persino a getti di “centinaia di milioni di Km”. Forse volevate dire
“centinaia d migliaia di Km” che sicuramente è un dato esatto.
O diciamo molto più attendibile. La distanza Sole -Terra è di
150 mio di Km=1 UA. se ci fosse una tempesta solare a così
tale distanza, forse anche noi non saremmo più qui a leggerci e a
scriverci. Grazie per l’attenzione e continuate a pubblicare
notizie molto interessanti. Edoardo
Ma sulle conseguenza e livello fisico per l’essere umano, visto che si tratta di radiazioni , nessuno ne parla xè? Ce ne saranno? Credo di si…qualcuno più erudito di me mi illumini grazie…
Gentile Edoardo, l’attività del nostro Sole produce costantemente un flusso di particelle e radiazioni che, insieme alla luce visibile, raggiunge e supera la Terra costituendo il cosiddetto “vento solare”. I brillamenti sono esplosioni nell’atmosfera solare che intensificano la potenza del vento solare. Quando questo incremento è di enorme portata, prende il nome di tempesta solare. La distanza di 150 milioni di Km, corrispondenti all’Unità Astronomica da lei citata, è perciò coerente con l’affermazione contenuta nell’articolo.
Tenga presenta, per esempio, che la sonda Soho, lanciata per studiare, tra le altre cose, anche l’intensità del vento solare, si trova a 1,5 milioni di Km dalla Terra e quindi a circa 148 milioni di Km dal Sole.
La distanza di “centinaia di migliaia di Km” alla quale ha fatto riferimento nel suo commento, è invece associabile alle protuberanze solari che sono estensioni della corona della nostra stella. Queste possono prodursi come fenomeno autonomo, probabilmente mosse da perturbazioni del campo magnetico solare, o come conseguenza di un brillamento di grande potenza. In questo secondo caso le energie in gioco possono vincere l’attrazione gravitazionale del Sole trasformando una protuberanza solare in quella che viene definita “espulsione di massa coronale interplanetaria”, anche questa in grado di raggiungere la Terra.
Grazie per l’attenzione che ha voluto dedicare al nostro articolo