… ma appena la principessa prese in mano il fuso si punse e poche gocce di sangue uscirono dalla mano ferita. Immediatamente la principessa si addormentò, come la fata aveva voluto, e con lei si addormentarono il re e la regina, i paggi, i camerieri, gli stallieri, i cavalli, i cani, le galline…
La fiaba racconta che dormirono tutti per cento anni, senza che niente, ma proprio niente, si modificasse o cambiasse; e quando il bellissimo principe, baciando la principessa, la risvegliò, anche gli altri si svegliarono, trovandosi uguali a quando si erano addormentati, e ripresero le loro occupazioni come se non le avessero mai interrotte.
Leggendo ai bambini questa storia straordinaria, bisogna accettare di mettere in gioco non solo le abituali concezioni sul tempo degli orologi e delle settimane quanto le profonde relazioni che legano filosoficamente il tempo e il cambiamento. Stimolando i commenti dei bambini, le contraddizioni esplodono: se la principessa non diventa una vecchia decrepita insieme al re, alla regina e agli altri, se niente accade nel castello, il tempo passa o non passa? Come comprendere un tempo che si ferma per cento anni? Se mai niente cambiasse, che ne sarebbe del tempo? Crescere, invecchiare, trasformarsi sono soltanto un segno del tempo che segue un suo scorrere o il tempo è la causa indispensabile di qualsiasi evento, una dimensione necessaria o almeno un contenitore astratto per i fenomeni e le loro trasformazioni? Oppure è solo una invenzione per capire, per incasellare in maniera definita i cambiamenti che continuamente vediamo? Si cresce, si guarisce o si muore perché il tempo passa, o ci accorgiamo del tempo proprio guardando come si cresce, si guarisce… si muore? E’ difficile pensare che in un mondo immobile non ci sarebbe tempo da far passare, che i cambiamenti sono l’unica esperienza che guida a costruirsi una idea di tempo, a concettualizzarlo come un modo adatto a correlare cambiamenti e intrecci di cambiamenti.
La fiaba dice che intorno al castello era cresciuto un bosco fitto e invalicabile: un confine tra un esterno in cui tutto avviene regolarmente e un interno magico, anomalo, in cui le cose non succedono, gli uomini non invecchiano e le piante non crescono. Dentro, si vive un presente senza esistenza; fuori, come nella vita, si esiste e si cambia in un presente sempre inafferrabile.
Scoperta la “dilatazione quantistica del tempo”
Un’altra storia
C’è anche la storia del Principe Impaziente: a lui, da piccolo, una Fata (maligna o benigna?) aveva regalato un gomitolo di filo che rappresentava il tempo della sua vita. Mentre il principe cresceva il gomitolo si srotolava, un pezzettino al giorno. Quando il principe diventò grandicello, si trovò a dover affrontare, come tutti, dei momenti difficili, delle giornate noiose, dei dolori piccoli o grandi. E allora, il principe andava dal suo gomitolo e dava una tiratina al filo: si trovava a sera senza che fosse passata la giornata, si trovava in vacanza senza aver vissuto la paura degli esami (esami da principe, beninteso). Così, tirando il filo, ed evitando la vita, si trovò presto vecchio, col gomitolo diventato ormai piccolissimo e nessun ricordo dietro di se: un tempo passato in fretta, una vita in cui lui, personalmente, aveva fatto pochissime cose.
Insomma la fata gli aveva fatto un regalo di bene o un regalo di male? In quali situazioni noi vorremmo proprio dare una tiratina al nostro filo?
I bambini si lasciano trascinare dai ricordi, quelli dei momenti belli ma anche da quelli dei momenti brutti. Parlando, sembrano a volte orgogliosi di essersela passata male, di aver vissuto momenti pericolosi. Di essere cresciuti. Si accorgono di quante cose sanno fare adesso, anche se sono costate fatica (e qualche umiliazione). Un filo che finisca troppo presto fa paura e, nonostante tutto, la sensazione di essersela cavata finora aiuta a relegare gloriosamente nel passato un bel po’ delle difficoltà superate.
Ma se davvero avessimo un gomitolo di tempo, un filo che non si può più riaggomitolare, come possiamo immaginare il suo scorrere “normale”?
Certo, ci sono gli orologi, e tutti sanno che ci sono i minuti e le ore. Ma i minuti dell’orologio grande, quello appeso alla parete della classe sono davvero uguali a quelli degli orologi piccoli? (Ovviamente sono necessarie delle prove per verificare una cosa apparentemente incredibile!). E se non ci sono le lancette che girando fanno passare il tempo, come funzionano gli orologi a numero?
Imparare a leggere l’ora è per i bambini una vera conquista: non solo per pronunciare il numero esatto indicato dalle lancette dell’orologione e confrontarlo con quello indicato dai vari display che solo pochi hanno al polso quanto per costruirsi idee di successione, di sequenza e, soprattutto, di attesa. Non è tanto importante sapere che ora è adesso quanto sapere quanto manca all’evento desiderato, quanto ancora bisogna aspettare per uscire da scuola, per guardare il programma alla TV, per fare il compleanno… Domandare “che ora è” serve in realtà a capire quanto manca a…, quanto bisogna ancora aspettare.
Orologi e calendari formano un fitto reticolato di referenze, in classe si simbolizzano passato e futuro con lancette che girano, quadratini, strisce, fili, numeri; si scrocettano i giorni passati e si vedono diminuire quelli che mancano alla fine della settimana. Se i quadretti o i giri sono uguali e i numeri delle ore passano in modo obiettivamente “riproducibile”, il tempo interno scorre a velocità differenti, in modi assai personali:
DARIO Il tempo passa a volte veloce a volte lento lento: dipende da quanto è lungo o da quanto è corto.
ALESSANDRO Certe volte, quando fai delle cose belle, per noi il tempo passa veloce, ma nelle cose che ti annoiano il tempo passa più piano.
LUCA D. È più lunga un’ora a fare i compiti ed è più corta un’ora al computer a giocare
CARLOTTA Pensi che la giornata passa lenta e la notte veloce, perché se dormi non ti accorgi del tempo che passa.
I Elementare – Torino
Si “aprono le parole” per cercare di capirne bene i significati: ci sono tempi lunghi e tempi corti, tempi lenti e tempi veloci: ma un tempo lungo e veloce può passare prima di un tempo corto e lento?
E noi, possiamo fare qualcosa per far passare presto il tempo? Con le ore degli orologi non si può averla vinta, ma quando ci si sta divertendo o si sta facendo qualcosa che piace, allora sembra proprio che il tempo scorra veloce. Il filo del tempo, quello del gomitolo del principe, segue le ore dei compiti o quelle del computer?
Norbert Elias, nel suo Saggio sul tempo, riflette su come sia diventato naturale, per gli uomini, pensare e misurare concretamente “qualcosa” che non possono né vedere né toccare né sentire (e che forse non esiste in sé ma solo come elemento indispensabile alla strutturazione sociale della nostra vita). I bambini, condizionati dalla cultura adulta e dalle parole che lo descrivono, non hanno difficoltà ad associare un tempo che scorre a qualcosa che si consuma, ad un flusso inarrestabile… e sanno bene che in qualche modo il tempo può essere misurato coi numeri.
Citazione d’obbligo: è straordinario ritrovare nel pensiero dei bambini la sostanza di certi pensieri rispettosamente attribuiti ad Aristotele, che definiva il tempo come “numero del movimento secondo il prima e il poi” (Fisica, IV, 219b)
Proviamo in classe, allora, a contare numeri per capire come passa il tempo. Da principio, è ovvio, si conta lentamente, con ritmo regolare, da uno a dieci. Ma in questo tempo, quanto tempo è passato? Dieci, ovviamente. Dieci che? Non si sa. Comunque è passato un tempo non tanto lungo e non tanto veloce.
Ora contiamo ancora fino a dieci, regolarmente, ma molto più in fretta. In questo tempo, ugualmente di dieci numeri, di tempo ne è passato di meno, se ne accorgono tutti.
Contiamo ancora, in modo irregolare: uno, dueeeeeeee, tre, quattro, ciiiiiiiiiiiiiiinque, seeeeeeeeei,
sette, oooootto, nove, dieeeeeeeeeeeeeeeeci. I bambini cominciano a protestare: non è questo il modo di contare. I numeri sono giusti, ma cosa ha fatto questo povero tempo mentre noi contavamo – sempre fino a dieci – in quel modo? Passava sempre uguale oppure rallentava e accelerava con le nostre voci?
Le opinioni sono diverse, e difese accanitamente: numeri, ritmo, regolarità e flusso di tempo sono implicitamente legati.
Noi possiamo fare quello che vogliamo ma il tempo passa sempre uguale; il tempo è uguale ma noi lo misuriamo male (e di nuovo: qual è il tempo giusto, quello del computer o quello dei compiti?); se dici i numeri lunghi (a lungo) il numero è lo stesso ma di tempo ne passa di più; se dici più numeri passa più tempo.
Ma i bambini che hanno esperienza delle conte per i giochi di nascondino sanno che si possono dire moltissimi numeri prestissimo, senza dare ai compagni il tempo di nascondersi bene.
Descrivendo i vari trucchi per imbrogliare i compagni, i bambini parlano di tempo e di “frattempo”:
mentre uno conta, nel frattempo i compagni si nascondono. Ma che cosa è il frattempo?
Se per gli adulti questa strana parola rimanda ad idee di contemporaneità, di cose che succedono insieme, i bambini raccontano quello che ciascuno fa per nascondersi bene nel tempo-durata definito, nel gioco, da quello che conta i numeri. Espandendo il discorso, cerchiamo di pensare ed immaginare che cosa succede in questo frattempo nei vari spazi della scuola; e tanto per giocare con le parole ci domandiamo se esiste pure un fraspazio ( con una o due esse?). Oppure l’idea di spazio sottintende automaticamente una compresenza tra situazioni differenti?
Ritorniamo quindi alla principessa, che dormiva beatamente mentre, nel frattempo, fuori dal castello, la gente lavorava, seminava gli orti, magari andava alla guerra e in un altro castello lontano, prima o poi nasceva il principino che l’avrebbe salvata
Chi sa cosa faceva il principino mentre si preparava alla sua grande impresa!
Come si accorgeva che per lui il tempo passava?
Che cosa genera in noi l’idea di una direzione del tempo?
ALEX Ci accorgiamo che il tempo passa anche quando dobbiamo aspettare di fare qualcosa o di andare in qualche posto.
AURORA Quando aspetti una cosa piacevole, ad esempio di andare ad una festa, il tempo sembra che va piano.
ALESSANDRO Sei emozionato, perché aspetti qualcosa di bello, e controlli l’ora ogni momento il tempo non ti passa più, invece, se ti metti a far qualcosa, il tempo ti passa e non ti accorgi.
I elementare – Torino
L’esperienza e la prospettiva di quello che di bello potrebbe succedere trasformano il presente in futuro, facendo volare via il tempo dell’attesa; l’aspettativa e l’esistenza di un progetto da realizzare collegano il tempo della propria vita al tempo degli eventi, a quello che succede nel mondo.
Eppure, bastano piccoli segni per rendersi conto dei cambiamenti che implicano tempi più o meno lunghi: dopo un anno le scarpe che vanno strette o, come dice Alessandro “Anche mangiando un gelato ti accorgi che il tempo passa… e alla fine hai solo il bastoncino.”
Proviamo ad immaginare cosa potremmo fare noi per non fare passare il tempo. E’ importante il fatto che alcuni propongano, subito, di smettere di respirare: e provano a farlo. Il collegamento quasi automatico tra le cose della vita (l’essere vivi) e il passare del tempo è suggestivo e scatena riflessioni importanti sul conflitto esistenziale tra quelli che muoiono e smettono di accorgersi delle cose, e quelli che continuano a vivere, a crescere, a respirare, sentendo la mancanza di quelli per cui il tempo ha smesso di passare. Il tempo passa quando si è vivi, perché si è vivi…
La principessa era come morta, per questo il tempo non passava per lei e per quelli che come lei avevano smesso ogni attività vitale.
Anche non respirando fino a scoppiare i bambini non riescono a fermare il tempo ma, stranamente, incolpano quelli che non erano stati al gioco: se smettiamo tutti di respirare e di fare le cose, dice qualcuno, il tempo smette di passare. Evitando di coinvolgerci nella dimostrazione con un suicidio collettivo cerchiamo di andare più a fondo in queste riflessioni: prende forma l’idea che se niente, proprio niente, succede il tempo non passa: proprio perché erano tutti come morti il tempo non passava nel castello.
Ma il tempo passa anche se qualcuno muore.
ERI: passano sempre le settimane e anche se tutti gli abitanti del mondo muoiono passano sempre le settimane. Quand’è che sono partite le settimane?
GIA: La mia bisnonna è morta però ci sono ancora le settimane perché le hanno inventate e così restano.
ALE: Il tempo non si sa quando inizia e non si sa quando finisce perché certi di noi credono che quando sei morta/o credi che è finito le settimane, i mesi, proprio tutto; credono che è morto tutto ma invece non è vero proprio niente.
II elementare – Spinea (Ve)
Legare il tempo ai cambiamenti della vita, guardandoli non tanto come causati dal tempo che passa ma quasi come generatori essi stessi della idea di tempo, sembra estremamente importante. Il tempo misurato, esterno al succedere delle cose, può diventare un tempo scandito dal succedere stesso e, dopo questo passaggio, il fatto di contarlo in numeri o in minuti potrebbe assumere un valore meno condizionante.
[continua…]
Fine prima parte.
Credits immagine: Elena Koycheva on Unsplash