Cronaca di come un italiano può finire su Nature senza investimenti miliardari, addirittura usando dati che la potente Nasa aveva sotto il naso da anni. Sul numero di questa settimana della rivista appare uno studio del fisico dell’Università di Lecce Ignazio Ciufolini, scritto insieme a Erricos Pavlis, del Joint Center for Earth Systems Technology dell’Università del Maryland, che conferma una previsione contenuta nella teoria della relatività generale di Albert Einstein. Si tratta del fenomeno dell’effetto “Lense-Thirring” (dal nome dei due fisici che lo analizzarono per primi, Joseph Lense e Hans Thirring) per cui un oggetto dotato di massa in rotazione provoca una distorsione nello spazio-tempo.
Cos’è l’effetto “Lense-Thirring”
Ciufolini e Pavlis hanno dimostrato empiricamente questo effetto analizzando i dati, raccolti dalla Nasa, sulle orbite di due satelliti artificiali. Ma andiamo con ordine. Che cos’è esattamente l’effetto Lense-Thirring? Si sa, perché ce lo ha spiegato Einstein, che un corpo dotato di massa distorce lo spazio-tempo. Lo dimostra il fenomeno delle “lenti gravitazionali”, per cui la traiettoria della luce che passa vicino a una galassia viene curvata dalla gravità dell’oggetto, una curvatura che può essere rilevata dai nostri strumenti di osservazione. Ma la relatività generale prevede anche che se un oggetto ruota, come fa la Terra, si aggiunge un’ulteriore curvatura. Per intenderci, questo significa che il famoso “paradosso dei gemelli” (quello per cui se due gemelli vengono separati e uno fa un viaggio a velocità prossime a quelle della luce al ritorno sarà più giovane dell’altro) vale anche in caso che i due gemelli viaggino lentamente ma in versi opposti attorno a un pianeta che ruota. Quando si incontreranno di nuovo, uno dei due sarà più giovane dell’altro. Per la precisione, quello che avrà girato in direzione opposta rispetto al pianeta sarà più giovane.
Il test con due satelliti
Ciufolini ha pensato di verificare questo effetto osservando le orbite dei satelliti Lageos e Lageos 2. Si tratta di due piccoli satelliti, completamente passivi, utilizzati per lo più per osservazioni geologiche sul movimento della placche terrestri. Il primo fu lanciato nel 1976 dalla Nasa, il secondo, la sua copia fedele, è andato in orbita nel 1992 grazie a una collaborazione tra Asi e Nasa. Sono semplici sfere dotate di specchi che riflettono indietro la luce. Da una stazione a terra viene proiettato verso il satellite un raggio di luce laser, e misurando il tempo che esso impiega a tornare indietro, è possibile determinare con precisione assoluta la posizione del satellite stesso.
“Noi abbiamo utilizzato questi dati, disponibili nei database della Nasa, per misurare l’effetto Lense-Thirring sulle orbite dei due satelliti” spiega Ciufolini. “Una perturbazione dell’orbita rispetto a quanto previsto dalle leggi classiche della gravitazione, quelle di Newton per intenderci, sarebbe stata da imputare a effetti relativistici”. In realtà, continua Ciufolini, i calcoli non sono proprio così semplici. “La misura va fatta sul nodo, l’intersezione tra piano equatoriale della Terra e orbita del satellite. Che sarebbe molto facile da calcolare se la Terra fosse perfettamente rotonda, ma non lo è. Abbiamo risolto il problema combinando i dati dei due satelliti, in modo da eliminare l’effetto dello schiacciamento.
Un altro problema sono le irregolarità della crosta terrestre, alture e avvallamenti che provocano variazioni del campo gravitazionale. Ma ormai disponiamo dei dati molto accurati di una missione Nasa, Grace. Sono due piccoli satelliti che orbitano a 500 chilometri l’uno dall’altro, e hanno permesso di ricostruire le microvariazioni del campo gravitazionale terrestre con grandissima precisione”. Ripuliti i dati da tutte le possibili fonti di errore, il risultato dell’analisi è stato proprio che i satelliti subiscono una variazione della loro orbita di quasi due metri l’anno rispetto a quanto prevedono le leggi classiche. L’effetto Lense-Thirring è quindi confermato.