Test sierologici, quanto sono accurati e affidabili?

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(Foto: geralt via Pixabay)

Quanto sono efficaci i test sierologici per rilevare la presenza di anticorpi contro il nuovo coronavirus? Non è la prima volta che ce lo chiediamo e la risposta è che non sempre questi test forniscono risultati veritieri, dato che possono dare anche falsi negativi o falsi positivi. Oggi un gruppo di ricerca internazionale, cui ha preso parte la McGill University Health Centre a Montréal in Canada, ha voluto quantificare la loro accuratezza e determinare se e quando non sono stati sempre validi. Come? Revisionando gli studi e i dati disponibili sull’uso di questi test fino alla fine di aprile 2020. La loro indagine mostra che la sensibilità dei test utilizzati spesso è sotto i livelli soglia raccomandati ad esempio dal ministero della Salute, pari al 90%, arrivando in qualche caso anche al 66% e riportando così falsi negativi nel 34% dei casi su un campione di pazienti che hanno avuto Covid-19 e che hanno sviluppato gli anticorpi. I risultati sono pubblicati su The British Medical Journal (Bmj).

Sensibilità e specificità dei test

Per valutare l’accuratezza di un test clinico si misurano due parametri, la sensibilità e la specificità. La sensibilità è la capacità del test di individuare correttamente i soggetti malati o positivi: nel caso del test per gli anticorpi anti Sars-Cov-2 fornisce una stima di quanto l’indagine rileva gli anticorpi in una persona che li ha sviluppati. La specificità misura la capacità del test di identificare i soggetti sani e nel caso in questione di riconoscere con esattezza l’assenza di anticorpi nelle persone che non hanno incontrato il coronavirus. Ad esempio, il ministero della Salute raccomanda, qualora il cittadino decidesse di effettuare il test sierologico, di scegliere test “che abbiano una specificità non inferiore al 95% e una sensibilità non inferiore al 90%, al fine di ridurre il numero di risultati falsi positivi e falsi negativi”.

Questo implica che se un test ha una sensibilità del 90% identificherà correttamente sempre 90 persone con anticorpi su 100? La questione e la risposta è più complessa, come spiega chiaramente il biomatematico Christian Yates in un articolo su The Conversation.


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Se per fare un esempio in un campione di 10mila persone testate hanno avuto l’infezione soltanto 300 di loro (il 3%), mentre le restanti 9.700 non l’hanno contratta, questo significa che su quelle 300 persone, il test, che ha una sensibilità del 90%, ne individuerà correttamente 270 con gli anticorpi, mentre i restanti 30 saranno falsi negativi. E ancora, dei 9.700 senza anticorpi, un test con una specificità del 95% ne rintraccerà in maniera esatta 9.215 che effettivamente non li presentano e gli altri 485 risulteranno falsi positivi (cioè risulteranno avere gli anticorpi pur non avendoli nella realtà). Ora, sommando tutti i soggetti cui è emersa la presenza di anticorpi (positivi al test) si ha 270+485=755 positivi, e la proporzione dei positivi veri (corretti) identificati in questo campionamento sul totale è pertanto 270/755= circa al 35%.

Test sierologici, lo studio di oggi

Partendo da queste conoscenze cliniche e matematiche, i ricercatori hanno analizzato database medici e studi pubblicati in preprint da gennaio alla fine di aprile 2020 per rilevare la sensibilità e la specificità dei test utilizzati comparando i risultati con quelli di un test di controllo. I dati raccolti provengono per lo più – per il 70% – dalla Cina, che è stato il primo paese colpito e che ha iniziato prima i test (in Italia sono partiti verso la fine di aprile) e la restante parte da Regno Unito, Stati Uniti, Danimarca, Spagna, Svezia, Giappone e Germania. La metà degli studi sui test sierologici non era peer reviewed e molte ricerche avevano un medio o alto rischio di un qualche bias, ovvero di un pregiudizio che possa in qualche modo invalidare i risultati dei trial. Inoltre solo 4 studi avevano incluso pazienti in regime ambulatoriale e solo due tipi di test erano stati valutati al momento dell’uso.

I risultati

Mettendo insieme i dati di tutti gli studi sui test sierologici disponibili entro la fine di aprile 2020 i ricercatori hanno scoperto che la sensibilità variava dal 66% al 97,8% e la specificità dal 96,6% al 99,7% – più alta e sopra il livello soglia indicato anche dal ministero. Questi risultati indicano che diversi pazienti che hanno avuto il Sars-Cov-2 potrebbero essere erroneamente classificati come senza anticorpi a causa di falsi negativi e falsi positivi.

Il problema riguarda soprattutto i test commerciali point-of-care, ovvero quelli svolti fuori dal laboratorio – letteralmente in prossimità del centro di cura – ad esempio attraverso kit rapidi per il paziente. Questi test sono risultati mediamente meno accurati, con una sensibilità media nei trial considerati del 65% contro quella dei kit non commerciali pari al 88,2%.


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“I rilievi segnalano importanti criticità nelle prove sui test sierologici per Covid-19”, scrivono gli autori nel paper, “in particolare per quelli commercializzati come point-of-care”. L’espressione point-of-care riferita ai test indica un’analisi medica svolta fuori dal laboratorio – letteralmente in prossimità del centro di cura – ad esempio con dispositivi portatili o kit rapidi per il paziente. “Da un lato la comunità scientifica dovrebbe ricevere una lode per la velocità con cui sono stati sviluppati nuovi test sierologici, tuttavia questa revisione sottolinea la necessità di studi clinici di alta qualità per valutare questi strumenti”, concludono gli autori. “Attraverso un lavoro collaborativo internazionale, questi studi potrebbero essere condotti rapidamente”.

I primi dati italiani delle indagini epidemiologiche

Alla data del 3 luglio 2020 l’Istituto superiore di sanità ha diramato i primi dati emersi dall’indagine epidemiologica (non con i kit commerciali) in corso in tutta Italia. I primi dati elaborati e divulgati riguardano la provincia di Trento e in particolare 5 località sciistiche molto frequentate dai turisti nei mesi invernali. In base allo studio che ha considerato un campione di 6.100 cittadini, qui il 23% – quasi un individuo su 4 – risulta avere gli anticorpi contro il Sars-Cov-2 (circa 1.400 persone) e dunque ha incontrato il virus e ha avuto (o ha) l’infezione.

Via: Wired.it

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