Nonostante il trapianto fecale abbia avuto un enorme successo, in tempi rapidissimi, per il trattamento del Clostridium difficile, devono aumentare alcuni i controlli, come la selezione dei donatori, le prove a lungo termine e i monitoraggi. È quanto riportano alcuni esperti sul Bmj, secondo cui tutti questi accorgimenti sono, con una certa urgenza, necessari per fornire consigli sensati ai pazienti.
“Il trapianto fecale si è dimostrato notevolmente più efficace rispetto agli antibiotici nel trattamento contro C. difficile, e l’uso di questo trattamento è sempre più impiegato in altre patologie comuni come l’obesità, diabete, sindrome dell’intestino irritabile e colite. Ma pensare che il trapianto fecale possa essere un toccasana per molte altre malattie è un’affermazione troppo ottimista”, ha spiegato Tim Spector del King’s College di Londra.
Introdotto già dieci anni fa, il trapianto fecale (o batterioterapia fecale) è una pratica medica utilizzata per trattare diversi disturbi intestinali e ripristinare la flora batterica dell’intestino, introducendo, attraverso la colonscopia o un sondino naso-gastrico, nell’intestino del paziente, i microbi di un donatore sano, e ricolonizzando così il suo microbiota (vedi Galileo: Altre prove a sostegno del trapianto fecale).
Dall’analisi di due studi randomizzati, come riporta il Bmj, il trapianto fecale ha registrato un tasso di successo dell’85% rispetto al 20% del trattamento antibiotico standard contro il C.difficile. Ma accanto a questa schiacciante superiorità, ci sono potenziali rischi causati dal passaggio dei microbi al nuovo ospite/paziente, come la trasmissione della predisposizione all’obesità e, addirittura, di alcune malattie mentali (ansia e depressione).
Per quanto riguarda l’obesità, secondo i risultati di uno studio, alcuni pazienti dopo essere guariti dall’infezione del C. difficile, hanno presentato un notevole aumento di peso, causato forse dalla trasmissione di microbi provenienti da donatori in sovrappeso. Invece, per la trasmissione di alcune malattie mentali, uno studio ha evidenziato come alcuni microbi intestinali – sebbene non sia ancora stato provato negli esseri umani – siano in grado di produrre una vasta gamma di sostanze neurochimiche, come la dopamina e la serotonina: i microbi che vengono trasferiti al paziente potrebbero pertanto causare uno squilibrio di questi neurotrasmettitori. “Questi possibili rischi suggeriscono che il trapianto fecale, anche se è un nuovo ed entusiasmante strumento, deve essere attentamente monitorato e perfezionato così da riuscire a selezionare la maggior parte dei principali microbi benefici”, ha spiegato Rob Knight della University of California di San Diego.
“Finora, dopo oltre 7000 trapianti, abbiamo riscontrato pochi effetti collaterali, e nonostante i primi timori, i trapianti sembrano essere anche relativamente sicuri nei pazienti anziani o in quelli con un sistema immunitario compromesso”, ha spiegato Spector. “Abbiamo, però, urgente bisogno di più esperienza e centri, di un’adeguata selezione dei donatori, prove a lungo termine e procedure di controllo al fine di fornire consigli sensati ai nostri pazienti”.
Riferimenti: Bmj doi: http://dx.doi.org/10.1136/bmj.h5149
Credits immagine: Microbe World/Flickr CC
Se i batteri sono responsabili dell’insorgere di malattie così devastanti e diffuse, proporrei di allargare il campo della ricerca per 1. individuarli 2. trovare la strategia per combatterli, magari con clostridium modificati o con una guerra alternativa biologica