Starnuti. Naso che cola. Occhi arrossati. Ma anche diarrea, vomito e irritazioni cutanee. Sono i sintomi più comuni delle allergie, disturbi di cui si è tornato prepotentemente a parlare con l’arrivo della primavera, che fino a non molto tempo erano ritenuti essere appannaggio quasi esclusivo dei paesi occidentali e che oggi invece coinvolgono, anche se in maniera diseguale, strati sempre più ampi della popolazione di tutto il mondo. Tanto che gli esperti della World Allergy Organization (Wao), nel corso del congresso annuale appena terminato all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, hanno parlato delle allergie come di uno tsunami che si sta abbattendo sull’umanità.
I numeri, effettivamente, parlano chiaro: “Con 400 milioni di persone nel mondo che soffrono di rinite allergica e 300 milioni di asma, l’umanità sta vivendo uno tsunami allergico”, ci ha raccontato Alessandro Fiocchi, responsabile del reparto di allergologia dell’ospedale romano e presidente del comitato scientifico del congresso.
“La crescita dell’allergia si registra soprattutto nei Paesi occidentali e coinvolge strati sempre più ampi della popolazione. In Europa si stima che tra 11 e 25 milioni di persone soffrano di allergie alimentari, una fonte di preoccupazione soprattutto tra i più piccoli: almeno 1 bambino su 20, infatti, è allergico a uno o più alimenti”. Anche nel nostro paese c’è poco da stare tranquilli: “In Italia, la prevalenza della dermatite atipica, della rinite allergica e dell’asma tra i bambini di 6-12 anni è rispettivamente del 7%, 14,5% e 9%: ciò significa 490mila bambini con eczema, un milione con rinite e 630mila con asma”.
Dall’Australia con furore
L’impiego della parola tsunami non è casuale. La ragione è che questa nuova epidemia di allergie è stata segnalata, per la prima volta, in Australia, nel 2012. “Improvvisamente”, spiega ancora Fiocchi, “le indagini epidemiologiche hanno rilevato un’impennata incredibile nella prevalenza delle allergie alimentari nei bambini, che in Australia è passata dal 2,5% al 10% in pochissimi anni. E purtroppo non si tratta di un fenomeno locale: osservazioni successive del 2012 hanno mostrato, per esempio, un incremento analogo anche in Inghilterra, dove la prevalenza è salita dal 2,6% all’8,5%. E abbiamo tutte le ragioni per supporre che negli Stati Uniti sia successo lo stesso, anche se non abbiamo dati epidemiologici a confermarlo”.
Storicamente, infatti, eventi analoghi, relativi però ad allergie respiratorie e non alimentari, sono sempre avvenuti prima nei paesi di lingua anglosassone: successe già con l’escalation dei casi di asma negli anni ottanta (che però ora sembra essersi arrestata) e con l’aumento della prevalenza delle riniti, che è ancora in atto.
Colpa dello stile di vita
Le cause che hanno innescato lo tsunami, dicono gli esperti, non sono ben chiare. Ma la sensazione è che l’aumento delle allergie sia strettamente legato ai cambiamenti nello stile di vita della popolazione. “L’incidenza delle allergie”, dice Fiocchi, “è superiore nei bambini di famiglie abbienti, residenti in città e con pochi o nessun fratello o sorella”, il che sembra corroborare l’ipotesi secondo la quale un’eccessiva igiene può alterare le risposte immunitario e quindi scatenare allergie. “Quello che è certo è che una maggiore esposizione a batteri in età infantile rende meno predisposti a soffrire da allergie”.
Per allergie innate o presumibilmente tali, come quella all’uovo, inoltre, gli esperti si stanno concentrando sulla vita intrauterina, cioè sull’esposizione materna a particolari cibi o sostanze o ad altri fattori tra cui lo stress o il numero di eventuali gravidanze precedenti. I dati suggeriscono infatti che i primogeniti tendano a soffrire di allergie due volte di più rispetto ai quinti nati, “un po’ come se le mamme, con l’esperienza, diventassero più abili a modellare il sistema immunitario dei propri figli”.
Cosa fare
Una delle armi più efficaci, al solito, è la prevenzione, che si regge su due pilastri: “Anzitutto la cosiddetta modulazione igienistica, ossia l’assunzione (eventualmente già in età prenatale) di prebiotici, probiotici e simbiotici, sostanze in grado di migliorare le risposte immunitarie. E poi la manipolazione dell’allergene: sembra che l’equilibrio migliore per prevenire l’insorgenza delle allergie sia l’esposizione a pochi antigeni e tanti batteri. Per questo si può pensare di introdurre nella dieta alimenti ipoallergenici o di modificare il tempo di assunzione degli alimenti solidi – l’assunzione ritardata di arachidi, per esempio, è correlata a un minor rischio di soffrire di allergia alle stesse”.
Dal punto di vista terapeutico, invece, è da segnalare l’arrivo sul mercato, negli ultimi dieci anni, di nuove classi di farmaci più mirati ed efficaci, che agiscono selettivamente e direttamente sull’immunoglobulina E, la diretta responsabile dell’allergia.
Via: Wired.it