Nelle scorse settimane si è concluso a New York il tredicesimo ciclo di negoziati del TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership), l’accordo che punta a liberalizzare gli scambi commerciali tra Europa e Stati Uniti e a creare il più grande mercato globale del mondo. I negoziati si svolgono a porte chiuse, ma parte dei documenti sono stati intercettati e resi pubblici due giorni fa da Greenpeace, riaprendo le polemiche da entrambe le sponde dell’oceano.
Sono in molti infatti, dalle associazioni ambientaliste agli scienziati, a sostenere che l’accordo rappresenta una minaccia per milioni di cittadini, perché potrebbe determinare l’indebolimento delle norme riguardanti la salute e gli standard ambientali, considerate più severe in Europa.
Ma cosa rischiano i cittadini dal punto di vista sanitario? Tra gli obiettivi del TTIP ci sono l’abbattimento dei dazi, l’armonizzazione degli standard qualitativi per la produzione dei farmaci e la protezione della proprietà intellettuale.
A far discutere è soprattutto il capitolo che punta ad estendere la durata dei brevetti. Attualmente si parla di venti anni dalla scoperta del principio attivo: una volta scaduto il brevetto, il medicinale può essere prodotto come generico e venduto a prezzi più bassi. Prolungare la validità dei brevetti significherebbe quindi ritardare l’accesso ai farmaci generici, e a farne le spese sarebbero le categorie più vulnerabili, come le persone a basso reddito e quelle affette da malattie croniche.
Inoltre, uniformando i criteri per l’autorizzazione di nuovi farmaci, compresi gli studi clinici, la condivisione delle informazioni potrebbe risentirne; la legislazione europea sulla trasparenza dei dati impone infatti che i risultati dei trial clinici vengano resi pubblici. Questo non avviene negli Stati Uniti, dove molte informazioni sono considerate di proprietà delle industrie farmaceutiche: il rischio è quello di abbassare gli standard di sicurezza e qualità, a scapito della salute dei pazienti.
Altri due aspetti importanti dell’accordo sono la possibilità, per i singoli Stati, di negoziare il prezzo dei farmaci, e l’accesso ai servizi sanitari: l’Europa ha assicurato che manterrà le sue posizioni, garantendo l’autonomia dei governi ed escludendo dal trattato il capitolo sui servizi. Ma l’unione dei consumatori europei non si fida, e chiede che la questione venga formalizzata per scritto nei testi negoziali.
Articolo prodotto in collaborazione con il Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara