Difficilmente diagnosticabile se non quando è già in fase avanzata, il tumore al pancreas colpisce ogni anno oltre 10.000 persone solo in Italia. Grazie a un nuovo test su sangue però, l’inversione di rotta potrebbe essere vicina: è stato infatti identificato un nuovo biomarcatore potenzialmente utile nella diagnosi precoce. Si tratta della trombospondina-2, una molecola che, associata a una già nota, il CA19-9, è capace di rivelare correttamente il cancro in fase iniziale. Il risultato, pubblicato sulle pagine di Science Traslational Medicine, è stato raggiunto dai ricercatori della Perelman School of Medicine, dell’Università della Pennsylvania.
Negli ultimi anni la ricerca ha fatto enormi progressi, tanto che per molti tipi di cancro – come quelli al seno, al colon o della cervice – è ormai possibile un’individuazione precoce. Al contrario, per i pazienti con cancro del pancreas la diagnosi arriva quasi sempre troppo tardi, complici i sintomi inizialmente silenti o poco specifici, che si rivelano in tutta la loro gravità quando non è più possibile intervenire chirurgicamente.
Al fine di identificare dei marcatori capaci di rivelare precocemente il cancro, i ricercatori hanno prelevato da soggetti con adenocarcinoma duttale (tra le forme più comuni di tumore al pancreas) cellule malate di fase tardiva e, grazie a una tecnica di riprogrammazione genetica, le hanno riportate a uno stadio simile a quello delle staminali. Le hanno, in sostanza, ringiovanite. In seguito gli scienziati hanno forzato le cellule a ripercorrere la naturale progressione della malattia e individuato le proteine secrete nella fase iniziale, testate come potenziali biomarcatori per questa tipologia di tumore.
La trombospondina-2 (THBS2) è risultata il migliore biomarcatore di fase iniziale tra quelli osservati, emersa dall’analisi di pazienti con cancro a diversi stadi di sviluppo, pancreatite e controlli sani. Gli scienziati inoltre, hanno scoperto che la combinazione della trombospondina-2 con un altro biomarcatore il CA19-9 (rivelabile in concentrazioni maggiori nelle fasi tardive, ma possibilmente presente anche prima e nelle pancreatiti), consente di identificare correttamente la malattia nelle fasi iniziali. L’uso combinato dei due marcatori permettere inoltre un’accurata differenziazione rispetto alle pancreatiti.
Il test sarà ora validato sui campioni di sangue forniti prima della diagnosi e in seguito, la sua efficacia sarà valutata anche in soggetti predisposti geneticamente o ad alto rischio di sviluppare la malattia, nonché in soggetti con diabete diagnosticato dopo i 50 anni (considerato un fattore di rischio per la patologia). Un importante passo avanti che, concludono i ricercatori, potrebbe garantire ai pazienti con tumore al pancreas non solo una diagnosi precoce, ma anche un migliore trattamento e una prognosi decisamente meno infausta.
Riferimento: Science Traslational Medicine