Tumori, come si muovono le cellule metastatiche

Si muovono in gruppi di almeno 23 elementi, per confondere gli aggressori, e alla loro testa apre la strada un leader, che viene sostituito ad intervalli regolari per permettergli di riposare. Può sembrare la descrizione di uno stormo di uccelli, o di un banco di pesci, ma parliamo in realtà di cellule tumorali B, elementi “impazziti” del nostro sistema immunitario che in diversi tipi ditumore, come il linfoma, il melanoma o il tumore al seno, sono responsabili dello spostamento della neoplasia dalla sede originaria, e dell’insorgenza delle metastasi. A descriverne per la prima volta il comportamento con tanta precisione è uno studio italiano, realizzato dall’Ifom e dall’Università degli Studi di Milano, e pubblicato sulla rivista Current Biology.

In realtà capita di rado che le cellule tumorali circolanti (quelle cioè che si staccano dal sito originario e circolano per l’organismo) formino aggregati. Sebbene siano rari, e rappresentano infatti solo il 3% delle cellule neoplastiche presenti in circolo nell’organismo, una ricerca della Harvard Medical School ha recentemente dimostrato che questi agglomerati di cellule maligne sono anche estremamente pericolosi: avrebbero infatti una capacità di causare metastasi superiore quasi del 50% a quella delle singole cellule tumorali.

“Si trattava quindi di identificare i meccanismi molecolari e i processi biologici che aumentano la capacità migratoria e la resistenza nelle aggregazioni collettive rispetto alle cellule tumorali solitarie”, spiega Giorgio Scita, ricercatore dell’Ifom e dell’Università degli Studi di Milano che ha coordinato il nuovo studio.

Per farlo, il team di Scita ha utilizzato tecniche all’avanguardia dimicroscopia, di analisi chimica e di imaging, riuscendo così a monitorare in diretta il comportamento degli agglomerati di cellule tumorali B. I ricercatori hanno così scoperto che in questo stato di aggregazione, le cellule risultano molto più sensibili agli stimoli impartiti dalla Chemochina, una sorta di “carburante molecolare” che fornisce loro la capacità di invadere più efficacemente i tessuti, di resistere alla morte cellulare, e di raggiungere infine i linfonodi, colonizzare organi distanti e causare quindi le metastasi.

A questo punto i ricercatori hanno utilizzato un approccio simile a quello che viene applicato nelle ricerche etologiche (lo studio del comportamento animale), scoprendo che anche dal punto di vista del comportamento questi agglomerati cellulari acquisiscono caratteristiche completamente nuove.

“Abbiamo osservato che i singoli componenti si muovono in modo apparentemente casuale, ma in realtà mantengono una perfetta coordinazione nel modo di procedere”, continua Scita. “Vi sono delle cellule in testa al gruppo che guidano e fanno da motore al movimento. Queste sarebbero soggette a una diminuzione progressiva dell’efficienza e a una riduzione della motilità dovute alle forze di frizione che incontrano durante la migrazione, al pari di una cellula singola. Ma nel gruppo avviene un meccanismo di sostituzione costante della cellula leader con cellule che sono dietro o a fianco (follower). Grazie a questo processo di turn over continuo (ogni 8-15 minuti) si espongono all’esterno sempre cellule nuove che non sono state ancora indebolite”.

Avendo scoperto le caratteristiche che permettono agli aggregati di cellule tumorali B di dare il via alle metastasi, l’obbiettivo dei ricercatori è ora quello di trasformare le informazioni raccolte in un nuovo approccio terapeutico. Individuando un inibitore, cioè una sostanza in grado di interferire con i meccanismi di comunicazione chimica tra le cellule, potrebbe infatti essere possibile disgregare gli agglomerati, eliminando o riducendo la loro capacità di migrazione, e diminuendo quindi il rischio che si sviluppino metastasi.

Via: Wired.it

Credits immagine:  Annie Cavanagh. Wellcome Images CC via crafty_dame/Flickr 

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