Per la costruzione delle nuove centrali a turbogas – di cui esistono decine di progetti sparsi in tutto il paese – “la legge è inadeguata e non protegge la salute pubblica”. È quanto dichiarano Nicola Armaroli, dell’Istituto per la sintesi organica e la fotoreattività del Cnr di Bologna, e Claudio Po, medico presso l’Unità operativa rischio ambientale dell’Ausl della stessa città nel loro ultimo studio. Lo ospita il numero di novembre de “La chimica e l’industria”, organo ufficiale della Società chimica italiana. Un intervento che non ha mancato di sollevare polemiche: la combustione di gas naturale in questo tipo di impianti era infatti considerata fino a ora “pulita”. Tutto ruota attorno alla questione delle centinaia di tonnellate di polveri fini e ultrafini – pericolosissime per la salute – che vengono prodotte ogni anno dal funzionamento di una centrale turbogas di medie dimensioni (800MW). “In nessuno delle decine di progetti per nuove centrali elettriche che utilizzano questa tecnologia, inclusi quelli già autorizzati dal ministero dell’Ambiente”, sottolinea lo studio del Cnr, “si fa menzione della produzione di questi pericolosi inquinanti”. Il nuovo contributo di Armaroli e Po, che avevano già affrontato la questione in un precedente articolo (((https://www.galileonet.it/archiviop/magazine.asp?id=4959)), focalizza l’attenzione sulla necessità di tenere conto della dimensione delle particelle emesse. “Per ottenere l’autorizzazione per nuove centrali si richiede la stima della produzione di particolato ultragrossolano emesso direttamente dai camini (primario). Questo approccio è idoneo a stimare le polveri da impianti a olio combustibile o carbone, ma si rivela inutile per valutare l’inquinamento da polveri di centrali a gas che producono particolato di piccola taglia”. E se oggi la normativa italiana consente di costruire impianti di produzione di elettricità senza misurare il livello di micropolveri, quella europea si sta adeguando rapidamente per ridurre l’impatto di questi inquinanti. E le centrali, così come vengono oggi progettate, potrebbero non rispondere domani ai nuovi parametri.A seconda del diametro le particelle si dividono in diverse categorie. La taglia maggiore è quella del cosiddetto Pts (particolato totale sospeso, di diametro compreso fra 50 e 10 millesimi di millimetro), seguono il PM10 (micropolveri “grossolane” fra 10 e 2,5 millesimi di millimetro), le PM 2,5 “fini” e infine le PM 0,1 “ultrafini”. Più la taglia è minuscola – su questo c’è unanime consenso – più esse scendono in profondità nell’apparato respiratorio e diventano pericolose: dai bronchi agli alveoli polmonari; e più a lungo restano “intrappolate” negli organi. La nocività massima è quella delle ultrafini, che possono passare direttamente nel sangue.Sfortunatamente, “migliore” è il combustibile bruciato e maggiore è la quantità di polveri appartenenti alle famiglie di taglia inferiore (più pericolose). Il metano, combustibile fossile “pulito” per eccellenza, è, in questo caso, “peggiore” del carbone. Secondo quanto riportato da Armaroli e Po la combustione di metano “è sostanzialmente esente da emissioni di particolato di taglia superiore al PM10 e – da dati General Electrics – la gran parte (più del 95 per cento) del particolato primario prodotto dalla combustione del gas rientra nella categoria PM 2,5”.Infine, strettamente collegata con il diametro e la pericolosità delle micropolveri è la questione di come e dove esse si formano. Un primo gruppo viene indicato con il nome di “primarie filtrabili”. Sono, sostanzialmente, una specie di “nerofumo” formato da particelle solide nate all’atto della combustione, e che possono essere misurate con relativa facilità filtrando i fumi all’uscita dal camino. La frazione maggiore di polveri di taglia maggiore si trova in questo gruppo. Sempre alla famiglia delle polveri primarie appartengono le “primarie condensabili”. Esse, a differenza delle precedenti, escono dal camino allo stato gassoso, ma entro pochi secondi si raffreddano e condensano. Qual è, allora, la quantità totale delle micropolveri primarie nate in questi due modi diversi? Secondo Armaroli e Po, che si rifanno a studi americani riconfermati nel nuovo articolo, per una centrale da 780 MegaWatt le tonnellate annuali oscillano fra le 150 e le 250. Secondo Daniele Fraternali e Olga Oliveti Selmi, (entrambi di Servizi territoriali srl) la quantità è invece inferiore. Nell’articolo “Emissioni di centrali a ciclo combinato” pubblicato nel numero in corso de “La chimica e l’industria”, sempre partendo dalle medesime fonti statunitensi, i ricercatori giungono a una cifra inferiore alle 100 tonnellate (27,6 di PM10 filtrabile e 68,3 di condensabile). Ma la partita fondamentale della quantità si gioca tutta su un’altra famiglia di micropolveri: le cosiddette “secondarie”. Esse nascono in maniera completamente diversa dalle precedenti, dopo una gestazione molto più laboriosa, lenta e lontano dalla fuoriuscita del camino. Si formano in atmosfera attraverso complessi processi di natura fotochimica, a partire soprattutto da molecole di ossidi di azoto (NOX) e di biossido di zolfo (SO2) emessi dalla centrale. Sono molto più difficili da catturare e misurare (tanto che in futuro si useranno i satelliti). Risentono del “clima” (temperatura, umidità, circolazione dell’aria) in cui si formano e della presenza di altre sostanze presenti nell’aria (per esempio emissioni di altri impianti in zona). “Galleggiano” in atmosfera fino ad alcune settimane. Esse rappresentano una percentuale molto rilevante delle emissioni di NOX e SO2 da cui derivano (oltre il 50 per cento). Da questa percentuale dipende il fatto che le quantità totale di queste micropolveri è molto grande. Per un impianto che emetta un migliaio di tonnellate di NOX all’anno, come è la gran parte delle turbogas progettate, è facile dedurre che si tratta di molte centinaia di tonnellate.Sono queste micropolveri secondarie a venire solitamente ignorate. Ci si ferma alle primarie. E così i conti cambiano. Ma se la valutazione di impatto ambientale oggi consente di non tenere conto delle polveri secondarie e di quelle inferiori a 2,5 millesimi di millimetro, domani la situazione potrebbe radicalmente cambiare.