Chelyabinsk, Russia, 15 febbraio 2013. Una tremenda esplosione illumina i cieli sopra gli Urali. Migliaia di finestre vanno in mille pezzi. Mille persone restano ferite. E tremila edifici sono profondamente danneggiati. Probabilmente è così che molti hanno immaginato l’ apocalisse. Parliamo, naturalmente, del famoso meteorite che sette mesi fa ha colpito la cittadina russa. Su cu finalmente iniziamo a saperne di più: gli scienziati hanno infatti analizzato le centinaia di ore di filmati scattati da cellulari e telecamere (comprese quelle montate sulle automobili), rivelando nuovi dettagli sulla natura dell’asteroide e sui danni che ha provocato. Gli studi sono apparsi su Science e Nature di questa settimana.
In particolare, raccontano gli scienziati, le ricostruzioni sul cammino e sui danni dell’asteroide hanno fornito preziose informazioni su origine, traiettoria e potenza dell’esplosione, che potrebbero aiutare ad affinare gli attuali modelli teorici sulla probabile frequenza di eenti simili e sulle rovine che potrebbero provocare. Jiri Borovicka e colleghi, della Academy of Sciences of the Czech Republic, hanno scoperto, per esempio, che l’orbita dell’asteroide di Chelyabinsk è molto simile a quella di un altro oggetto che precedentemente orbitava attorno al nostro pianeta, l’ asteroide 86039 (1999 NC43): l’ipotesi degli scienziati è che i due corpi celesti erano probabilmente parte dello stesso oggetto. Analizzando inoltre i tempi in cui si odono i boom sonici secondari nei video, i ricercatori hanno localizzato i punti di frammentazione dell’asteroide nell’atmosfera, posti molto probabilmente tra quaranta e cinquanta chilometri al di sopra della superficie terrestre.
In un altro studio, l’équipe di Peter Brown, della University of Western Ontario, ha calcolato la potenza totale sprigionata dall’esplosione, la più forte mai registrata dopo quella di Tunguska (sempre in Russia, zona a quanto pare piuttosto iellata) del 1908. L’asteroide ha liberato l’equivalente di circa 500 kilotoni – niente male, considerando che la bomba di Nagasaki aveva una potenza compresa tra 10 e 30 kilotoni; inoltre, la massima luminosità fatta registrare dall’esplosione è stata circa 30 volte superiore a quella del sole. Gli autori hanno inoltre mostrato che i modelli attualmente esistenti per stimare i danneggiamenti di un’esplosione di questa potenza non collimano con le osservazioni e predicono che il numero di oggetti con diametro nel range di decine di metri – come il meteorite di Chelyabinsk – sia circa 10 volte maggiore rispetto a quanto si pensi attualmente.
Un’altra équipe di scienziati, guidata da Olga Popova, ha visitato 50 villaggi nei dintorni di Chelyabinsk, analizzando le registrazioni delle telecamere di sicureza per ritracciare il percorso della palla di fuoco nel cielo. Secondo i ricercatori, “la detonazione in alta quota ha prodotto un’ onda d’urto abbastanza forte da far sbalzare le persone che si trovavano a terra”. Gli scienziati suppongono si sia formata più in alto rispetto alle stime di Borovicka, a circa novanta chilometri d’altitudine; l’asteroide avrebbe raggiunto il picco di luminosità e calore a trenta chilometri, quando viaggiava alla velocità vertiginosa di circa 18 chilometri al secondo. Si stima che l’oggetto fosse largo quasi venti metri (con 4,6 metri di margine d’errore), anche se il buco lasciato nel ghiaccio nel punto dell’atterraggio misura soli sette metri. I ricercatori hanno infine classificato l’asteroide come condrite LL, lo stesso di Itokawa, di cui la sonda giapponese Hayabusa è riuscita a raccogliere dei campioni pochi mesi fa.
Via: Wired.it
Credits immagine: Science/AAAS