C’erano una volta tre “cugini”, Homo sapiens, Neanderthal, con la pelle chiara e i capelli rossi, e Denisovan, scuro e con i capelli marroni. Quest’ultimo è il meno famoso, ma è solo questione di tempo prima che finisca anche lui su tutti i libri di scienze. La sua scoperta in un sito della Siberia del Sud, la caverna di Denisova, è piuttosto recente (2008). Di questa specie abbiamo solo un pezzettino di un mignolo e due molari, appartenuti a una “ragazza” di circa 50mila anni fa. Eppure si può dire che già lo conosciamo molto bene, almeno dal punto di vista genetico. In pochissimi anni, e pur con così poco materiale a disposizione, gli scienziati sono infatti riusciti a sequenziarne il genoma (proprio quello nucleare, non solo quello mitocondriale, già svelato nel 2010; vedi Galileo: “Il terzo ominide“), e con una risoluzione senza precedenti.
A raccontarci di questo nostro antico parente è il team di Svante Pääbo dell’Istituto Max Planck di Antropologia Evoluzionistica di Lipsia, in Germania, una vera autorità nel campo dell’analisi del Dna antico (nonché direttore anche del Neandertal Genome Project). Il sequenziamento del genoma era già stato pubblicato online lo scorso febbraio (Vedi Galileo: Da un mignolo i segreti dell’Uomo Denisoviano), e ora la sua analisi, condotta da Matthias Meyer, altro ricercatore del Max Planck Institute, è arrivata sulle pagine di Science insieme ad alcuni interessanti particolari.
Per esempio, ora sappiamo che la ragazza di Denisova ha geni che nella nostra specie sono associati con la pelle scura e con capelli e occhi marroni. Sappiamo anche che i Denisovan hanno passato parte del loro patrimonio genetico soprattutto alle moderne popolazioni indigene delle isole dell’Asia del Sudest, della Malesia e dell’Australia. Da un controllo incrociato, i ricercatori hanno poi osservato che le altre popolazioni dell’Asia dell’Est (e anche quelle dell’America del Sud) condividono un po’ più di geni con i Neanderthal rispetto alle popolazioni europee. Questo aiuta parecchio a ricostruire il quadro delle dispersione degli ominidi usciti dall’ Africa oltre 400mila anni fa.
“La sequenza che abbiamo ottenuto ha un’accuratezza senza precedenti”, ha detto Meyer: “Per la maggior parte del genoma possiamo persino determinare le differenze tra i due set di cromosomi che la ragazza di Denisova ha ereditato dalla madre e dal padre”. In base al loro confronto, gli scienziati ipotizzano che la variabilità genetica di questa antica specie fosse piuttosto bassa. Il che potrebbe essere dovuto al fatto che (probabilmente) i denisoviani derivano da un piccolo gruppo di individui che uscì dall’Africa per poi disperdersi in tutta l’Asia. Se le analisi del genoma dei Neanderthal dovessero rivelare un andamento simile nella variabilità genetica, quella piccola popolazione potrebbe essere all’origine di entrambe le specie (vedi Galileo: “I cugini asiatici dei Neanderthal“).
Tornando alla nostra, di specie, i ricercatori hanno anche stilato un elenco (quasi completo) di circa 100mila mutazioni che si sono accumulate nel genoma umano dopo la separazione dal Denisovan. Questa lista aiuterà a capire cosa differenzia gli esseri umani moderni dai suoi antichi “parenti”. Alcune di queste mutazioni sembrano riguardare lo sviluppo del cervello e del sistema nervoso; altre, probabilmente, la pelle, gli occhi e la morfologia dei denti.
via wired.it
Nell’immagine l’entrata della caverna di Denisova, in Siberia. Credit al Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology