Tutto sul cervello, è lo Human Brain Project

Un Cern per il cervello. È stato ribattezzato così lo Human Brain Project  (Hbp), il progetto che si è aggiudicato un finanziamento da parte della Commissione Europea di 54 milioni per i prossimi 30 mesi, per un investimento complessivo di circa 1,2 miliardi di euro in dieci anni. Scopo mettere insieme tutte le conoscenze scientifiche sul cervello umano in un unico supercomputer entro il 2020, così da avere a disposizione un simulatore il più fedele possibile del funzionamento della misteriosa macchina.

“Lo Human Brain Project ha l’ambizione di capire come funziona il cervello”, si lascia sfuggire Francesco Saverio Pavone del Laboratorio europeo di spettroscopia non-lineare (Lens) dell’Università di Firenze, uno dei partner italiani del progetto, e uno degli 87 che vi prendono parte. Insieme allo Human Brain Project, la Commissione Europea ha scelto di puntare anche sul materiale dalle molteplici applicazioni, il grafene, con l’omonimo progetto Graphene, per un finanziamento complessivo di due miliardi di euro.

Ma un supercomputer che simuli il funzionamento del cervello umano non è il solo scopo del progetto, come racconta Pavone: “Lo Hbp vuole creare una visione unificata del cervello, mettere insieme tutti i dati disponibili: imaging, marker molecolari, dati sul comportamento e analisi cognitive, per permettere a settori così differenti – ma che hanno lo stesso oggetto al centro delle loro analisi – di parlarsi”. Creare un sapere centralizzato insomma, che sia il punto di partenza per la comprensione di malattie neurodegenerative e altri disturbi del sistema nervoso e per la messa a punto di nuovi farmaci.

Anche attraverso lo studio del suo connettoma, l’insieme delle connessioni del cervello, di cui si occuperà il team fiorentino: “Nel cervello struttura e funzione sono strettamente associate”, continua Pavone: “basti pensare che oggi sappiamo che la struttura di rete del cervello di un autistico o di chi soffre di schizofrenia è diversa da quella di un cervello sano. Studiare la citoarchitettura di questo organo aiuta a simularlo e a far luce su questi difetti di rete, aprendo la strada a nuovi target farmacologici, così da aggredire la patologia da un punto di vista strutturale”.

Il compito del Lens, al riguardo, sarà quello di ricostruire l’intera mappatura del cervello (per ora dei modelli animali e nei prossimi anni anche sull’uomo), attraverso tecniche di tomografia ottica, con cui si riescono ad avere delle immagini con una risoluzione 1000 volte maggiore di quelle che si hanno con la risonanza magnetica.

Parte integrante del progetto – a cui partecipano per l’Italia anche il Politecnico di Torino, l’Università di Pavia, l’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico Fatebenefratelli di Brescia e il Consorzio interuniversitario Cineca – sarà l’integrazione e l’interpretazione dei dati. Creare un sapere unificato sul cervello significa infatti mettere insieme una mole enorme di dati, molto diversi tra loro: Tac, Pet, risonanza magnetica, analisi psicologiche e cognitive, studi molecolari e genetici, e interpretarli dando loro un significato è uno degli aspetti più difficili dello studio: “Analizzare ed estrarre delle informazioni utili da questa grande quantità di dati è anche una delle scommesse dello Human Brain Project, che si occuperà di trovare correlazioni significative e logiche, sia tramite l’utilizzo di piattaforme informatiche istruite per farlo sia attraverso lo sforzo dei ricercatori che prendono parte al progetto e scienziati indipendenti, a cui verranno destinati il 20% dei finanziamenti. Infatti i dati accumulati dal progetto saranno disponibili in un servizio cloud accessibile in remoto, che potrà essere usato sia con i suoi strumenti di analisi sia con servizi caricabili dai ricercatori stessi”.

Il riferimento è al consorzio Cineca, il maggior centro di calcolo in Italia, su cui verranno depositati i dati acquisiti dagli studi dello Human Brain Project. Per quanto riguarda gli altri protagonisti italiani, invece, l’Irccs di Brescia avrà il compito di rendere accessibili i dati raccolti attraverso gli studi epidemiologici (dall’imaging alle analisi molecolari e cognitive), l’Università di Pavia si occuperà di simulare il funzionamento delle connessioni cerebrali. Il Politecnico di Torino, poi, lavorerà allo sviluppo di nuove architetture hardware neuromorfiche: strutture elettroniche che simulano l’architettura del cervello, il comportamento dei neuroni e le loro modalità computazionali di base, pensate per funzionare a basso consumo. “Le attuali macchine che simulano il cervello umano hanno hardware ad alto consumo, richiedono tantissimi Watt per funzionare”, precisa al proposito Pavone: “al contrario il nostro cervello è una macchina che realizza una gran quantità di compiti con poca spesa, potremmo paragonarla a una lampadina da pochi Watt”.

Via: Wired.it

Credits immagine: Genista/Flickr

 

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