Il mistero che circonda l’incidente del volo Twa 800 non è ancora stato svelato nonostante gli otto mesi di inchiesta. Lo stallo in cui sono cadute le indagini effettuate negli Stati Uniti dal National Transportation Safety Board e dall’Fbi autorizzano una serie di speculazioni, che crescono ogni giorno di più, e ipotesi a volte così complesse da rasentare un technotriller degno di Tom Clancy. Il 95% dei resti dell’aereo sono stati recuperati, ma i pescatori della zona continuano a trovare nelle loro reti pezzi di metallo, effetti personali di qualche passeggero del volo 800, che vengono tempestivamente riconsegnati agli inquirenti.
Forse un giorno o l’altro sarà proprio un pescatore della Great South Bay, Long Island, New York, a trovare un frammento del Boeing 747 che consentirà di svelare la dinamica dell’incidente: avaria meccanica, attentato o fuoco amico? Non si può neanche escludere che il mistero resti insoluto ancora per anni “nascosto” in quel 5% dei resti del Twa sepolti nell’oceano.
I resti del jumbo sono caduti in mare in un fondale fangoso di 30-40 metri che le tempeste spazzano in continuazione. Questo per dire che elementi determinanti per l’indagine possono trovarsi oggi in luoghi assai distanti dal punto di caduta originale.
Un volo di 11 minuti
Il 17 luglio un Boeing 747-131 della Twa (marche N93119), arrivato da Atene, lascia alle 20.02 la piazzola dell’aeroporto Kennedy di New York per effettuare una tratta su Parigi. Ha 230 persone a bordo. Dopo 17 minuti di attesa si porta in testata della pista e decolla alle 20.19. Il sole è tramontato da poco ma la visibilità in quota è ancora buona. Durante la sosta ha imbarcato 84.000 chilogrammi di jet fuel A1 nei serbatoi alari, ma in quello centrale della fusoliera ne restano circa 400 litri caricati nel precedente rifornimento ad Atene. Questa dislocazione del carburante è nella routine di un volo non particolarmente lungo rispetto alla massima autonomia del 747.
Alle 20.25 il Twa 800 è autorizzato dal Controllo del traffico aereo di Boston, a cui era stato “passato” dalla torre dopo il decollo, per un livello 210 (21.000 piedi). Cinque minuti dopo è leggermente al di sopra di 11.000 piedi. La richiesta di mantenere il livello viene dai controllori di Boston che vogliono una sufficiente separazione verticale con un UsAir in avvicinamento a Providence, Rhode Island.
Alle 20.31 il Twa 800 scompare dai radar, quando l’ultimo impulso del suo trasponder lo indica a 13.700 piedi. Boston chiama ripetutamente il 747 e una manciata di secondi dopo un mezzo della Guardia area nazionale lancia un “mayday”: si tratta di un Black Hawk che si trova ad ovest di Long Island dove sta effettuando una esercitazione di “search and rescue”, affiancato da un elicottero C-130.
L’equipaggio dell’elicottero dichiarerà più tardi di aver visto a prua, e a una quota più elevata, un distinto bagliore alle 20.31, seguito da uno ancora più intenso circa 20 secondi dopo. I piloti della Guardia nazionale vedono distintamente dei frammenti in fiamme che cadono in mare, si dirigono in quell’aerea e vi arrivano mentre una pioggia di detriti impatta sulla superfice dell’oceano, dove già galleggiano parti di fusoliera in fiamme e il troncone di un’ala che continuerà a bruciare per quasi tutta la notte.
Ma non sono i soli testimoni della tragedia, l’equipaggio di un 767 Ansett (con le insegne Alitalia) decollato poco dopo il Twa e con destinazione Roma riferisce delle due esplosioni, particolare confermato da altri equipaggi di aerei di linea che si trovavano a transitare nella zona: un commuter della Piedmont in avvicinamento da sud a 11.000 piedi e un jet della UsAir a 16.000 piedi in discesa per Providence che aveva di prua, qualche miglio avanti, il Twa 800.
Centinaia di testimoni hanno potuto vedere le due esplosioni da Long Island, a circa 30 miglia di distanza, e non manca chi riferisce di aver osservato qualche istante prima dell’incidente una traccia luminosa che volava dal basso verso l’alto nel cielo dove più tardi si consumerà la tragedia, circostanza confermata anche dall’equipaggio dell’elicottero della Guardia nazionale. L’Fbi riferirà qualche giorno dopo che 154 testimoni “credibili” hanno riferito della scia luminosa seguita da un pennacchio di fumo.
Ma esiste anche una documentazione fotografica. Linda Kabot, assistente di un uomo politico repubblicano, la sera dell’incidente è a cena con 270 persone in un ristorante con terrazza sul mare a Shinnecock Bay, nei pressi di Southampton, per raccogliere fondi per la campagna elettorale. Scatta una serie di fotografie fra le 20.00 e le 20.45 e quando giorni dopo ne ritira le stampe scopre che in una di esse si vede un distinto bagliore nel cielo. Consegna stampa e negativi all’Fbi, ma l’immagine verrà diffusa dalla catena televisiva Nbc.
Una seconda immagine viene consegnata all’Fbi da Heidi Krieger, che la sera del 17 luglio si trovava in barca nella Great South Bay in compagnia del padre. L’esame delle registrazioni del radar primario di Islip, sulla costa a nord dal luogo del disastro, mostra una traccia in salita che vira sulla prua del Twa 800 per poi scomparirne dietro. Alcuni analisti si affrettano a chiarire che si può trattare di una eco riflessa, oppure di una spuria “rumore” elettromagnetico e che in ogni caso un missile antiaereo avrebbe una superfice riflettente talmente bassa che la potenza dell’impianto di Islip non consentirebbe di registrare.
Si tratta di congetture della prima ora, quando non è ancora stato effettuato il recupero delle scatole nere e dei resti dell’aereo, che giace in un fondale fangoso fra 30 e 40 metri di profondità. Molti comunque sospettano l’attentato e l’ipotesi prende piede perché, qualche giorno dopo una pipe bomb collocata sotto il palco dove si tiene un concerto semina panico, morti e feriti, all’olimpiade di Atlanta.
Anche l’Fbi, immediatamente dopo l’incidente, sembra percorrere questa pista, infatti blocca la diffusione della lista dei passeggeri del volo 800 per almeno dodici ore cosa che fa infuriare il sindaco di New York Giuliani periodo in cui ha modo di ricostruire la “storia”, l’origine e la destinazione finale di ognuna delle 230 persone che si trovavano a bordo. Ma senza risultato.
Vengono minuziosamente controllate tutte le imbarcazioni nei porti più vicini al luogo del disastro alla ricerca di probabili sospetti per l’ipotesi missile. Ma anche questa indagine non porta alcun frutto nonostante abbia richiesto l’impiego di quasi 500 agenti dell’Fbi. La tesi dell’attentato nasce anche dalla concomitanza di svariati elementi: le olimpiadi di Atlanta sarebbero un contesto che avrebbe ingigantito la portata di qualsiasi atto terroristico, l’aereo della Twa si è disintegrato in volo “esplodendo”, la Twa è la compagnia che negli ultimi venti anni ha subìto più attentati di qualsiasi altro vettore americano. L’aereo proveniva da Atene, uno scalo dotato di insufficienti misure di sicurezza.
Sul luogo del disastro
Le unità della Marina americana iniziano a setacciare il cosiddetto “campo detriti” che si estende per decine di chilometri quadrati. Il recupero e l’analisi delle scatole nere fornisce i primi indizi: non c’è nulla di irregolare negli 11 minuti di volo del 747, se non un consumo leggermente superiore alla norma dell’Apu, una turbinetta in coda accoppiata a un generatore ausiliario di energia.
Si tratta di un volo di routine, con i parametri dei sistemi registrati dal Data Fight Recorder che non segnalano alcuna anomalìa. L’attenzione degli investigatori si concentra su un rumore sordo e a bassa frequenza che si presenta 130 millisecondi prima dell’interruzione della registrazione del Cockpit Voice Recorder del Twa. La comparazione con il nastro del Cvr del PanAm 103, caduto su Lockerbie nel dicembre del 1988, porta a una virtuale sovrapposizione dei due tracciati ricavati dall’analisi acustica computerizzata. Il 747 della PanAm ha subito un collasso strutturale a causa di una decompressione esplosiva provocata dalla deflagrazione di 400 grammi di Semtex, un esplosivo plastico, nascosti dentro una radio portatile Toshiba. La propagazione dell’onda d’urto ha particolari caratteristiche, quasi una sorta di “firma” dell’evento che ha distrutto l’aereo. Ma anche la comparazione dei due tracciati non è conclusiva per stabilire le cause dell’incidente del Twa 800, perché un evento simile – anche se innescato da altre cause- potrebbe aver prodotto lo stesso risultato.
Il successivo ritrovamento dei motori del jumbo Twa consente di escludere che una “unducted engine failure” ovvero il collasso esplosivo di uno stadio della turbina abbia potuto “sparare” frammenti ad altissima velocità che abbiano portato all’incendio e alla deflagrazione del carburante contenuto nell’ala. D’altra parte questo evento è ampiamente descritto nella letteratura e non risulta come segnalavano ripetutamente alcuni specialisti sin dalla prima ora che si sia mai verificato in modo così improvviso e devastante.
Nel frattempo la comparazione dei tracciati provenienti da diversi impianti radar consente ai tecnici del Ntsb di ricostruire con una certa precisione la dinamica degli eventi che seguono alla scomparsa del Twa dagli schermi del controllo del traffico aereo. Alle 20.31, a 13.700 piedi, c’è la prima debole esplosione riferita dai testimoni e il jumbo, che nel frattempo ha subito pesantissimi danni strutturali, è in caduta per i seguenti 24 secondi con un rateo di discesa di 13.000 piedi al minuto quando a quota 8.500 si innesca una seconda fortissima esplosione.
I resti del 747, ormai diviso in almeno quattro parti e una scia di detriti di minore massa, cadono per altri 17 secondi sino ad impattare sulla superfice dell’oceano.La dislocazione in mare dei resti del 747 aiuta a chiarire altri aspetti dell’incidente: la mappatura del “campo detriti” dimostra che il cockpit separatosi dalla carlinga con la prima esplosione e appesantito dal serbatoio dell’acqua del galley scende più o meno sulla verticale, mentre il resto cade più avanti secondo un classico “modello di piuma”, dove parti più pesanti della struttura tendono a scendere con una traiettoria più tesa, mentre i frammenti più piccoli e leggeri seguono una traiettoria più arcuata.
La prima sommaria ricostruzione di quanto recuperato in mare, in un hangar della ex Grumman di Calverton, conferma il primo sospetto degli investigatori: se si guarda la pianta del jumbo l’evento esplosivo che ne ha fatto collassare la struttura si è verificato tra la fila 17 e la 25, più o meno all’altezza del secondo portellone di uscita il 747 ne ha cinque da prua a poppa, di cui il primo e l’ultimo sono utilizzati per l’imbarco in prossimità dell’attacco alare. Se si guarda la pianta del piano inferiore l’evento si verifica tra la stiva anteriore bagagli e il serbatoio centrale di carburante.
Anche in questo caso le analogie con l’attentato di Lockerbie possono forzare la mano: l’esplosione del Semtex si era verificata nella parte sinistra del vano anteriore bagagli e la decompressione esplosiva che segue ne scardina il portellone e porta al progressivo collasso dell’intera struttura. Per gli investigatori del Twa il passo successivo è sottoporre i resti dell’aereo ad analisi chimiche e alla spettrografia di massa per ritrovare eventuali tracce di esplosivo.
In una prima fase ne vengono trovate due, in particolare nel tappeto del pavimento del ponte passeggeri all’altezza dei sedili 23J e K dove le analisi mostrano residui di PETN e di RDX. La seconda traccia viene rilevata in un luogo abbastanza lontano dall’epicentro dell’evento esplosivo, e quindi non interessante per le indagini, poi una terza in prossimità del serbatoio ausiliare sull’ala destra che verrà considerata un “falso positivo” da successive analisi.
Il PETN è il tetranitrato di pentaeritrite, o pentrite C(CH2ONO2)4, l’RDX è l’esaidro-trinitro-triazina, o ciclonite (CH2)3N3(NO2)3. I due composti cristallini di colore bianco sono comunemente utilizzati per l’innesco di cariche esplosive, in particolare nella Composition Four e Three, conosciute dal grande pubblico come C-4 e C-3, ma anche nel Semtex, un plastico largamente utiliizato in attentati terroristici e nell’ M-6 in uso fra le imprese di demolizione, nonché nelle testate di quasi tutti i missili terra-aria e aria-aria.
Ma a complicare le cose arriva l’ennesima rivelazione: l’aereo della Twa non solo aveva fatto la spola con il Golfo Persico al tempo della guerra del Golfo trasportando al fronte uomini e mezzi ma era stato utilizzato per un programma della Faa in cui si addestrano cani a “fiutare” la presenza di esplosivo a bordo. Il 747 era quindi altamente “contaminato”, al punto che la scoperta delle tracce di PETN e di RDX, non veniva di per sé considerata risolutiva per le indagini se non suffragata da ulteriori elementi: una inequivocabile localizzazione del punto d’origine e di propagazione dell’onda d’urto, fenomeni di microfusione nei metalli, inconfondibili traiettorie di frammenti nel rivestimento delle poltrone e nei corpi dei passeggeri, visto che la velocità di espansione dei gas ha un valore caratteristico nei due composti al momento dell’innesco (8.000 m/s nell’RDX e 7.000 nel PETN).
Al primo febbraio 1997, data in cui è stato consegnato questo articolo, le ipotesi degli investigatori in esame- secondo le dichiarazioni del portavoce dell’Fbi- erano ancora tre: attentato, missile, avarie meccaniche, ma per nessuna di queste esistevano evidenze tali da far passare le restanti in seconda linea. In ogni caso ognuna delle tre ipotesi, rispetto ai dati acquisiti, ha vaste zone d’ombra. Ma passiamole in rassegna.
Il missile
La teoria di uno Stinger lanciato dal mare è piuttosto debole. La sua massima quota operativa è di 10.000 piedi, ad altezze superiori non ha l’energia necessaria per inseguire un velivolo, come recitano le istruzioni della casa costruttrice (la Raytheon) che ne sconsiglia l’uso al di sopra di questa quota. Una pubblicazione inglese il Jane’s ne accredita una quota operativa di 13.700 piedi. In ogni caso il seeker dello Stinger è a raggi infrarossi, tende quindi a localizzare fonti di calore (lo scarico dei motori) dove deflagra con una spoletta di prossimità, ma i frammenti della testata lasciano vistose tracce sull’aereo colpito che nel Twa non sono state trovate.
La massa dello Stinger non sembra comunque sufficiente a produrre simili danni. In passato aerei civili sono stati colpiti da missili terra-aria “trasportabili a mano”, ma nella stragrande maggioranza dei casi sono rimasti governabili e sono atterrati nell’aeroporto più vicino nonostante i danni. Le stesse considerazioni valgono per i pari classe prodotti nella ex Urss.
Un missile nave-aria Standard -SM-1 e SM-2, imbarcato sugli incrociatori lanciamissili Aegis- ha un range operativo che gli consente di colpire un aereo anche da grande distanza e una carica bellica sufficiente per distruggerlo completamente. A differenza dello Stinger utilizza un sistema di guida a radar semi-attivo, ma la potenza della testata avrebbe prodotto danni ben più consistenti di quelli riscontrati sul Twa.
E’ stata fatta anche l’ipotesi che lo Standard lanciato per errore da una nave della Us Navy in esercitazione fosse a “testata inerte” (dummy warhead): in questo caso avrebbe impattato sulla fusoliera del 747 come un proietto, ma l’ipotesi sembra piuttosto debole per svariati motivi. Gli incrociatori Aegis hanno 230 persone di equipaggio e suona difficile che da nessuna di queste siano trapelate informazioni anche anonime.
Se la Uss Normandy (CG-60) conduceva realmente esercitazioni a fuoco con un radio bersaglio a 185 miglia di distanza è piuttosto improbabile che il suo sistema radar lo abbia potuto confondere con un 747 in salita in una zona ad alta congestione per il traffico civile, quali sono i corridoi di svincolo per il Kennedy.
Perché questa ipotesi sia accettabile è necessaria una “triangolazione” in cui il sistema radar della Normandy funzioni come “piattaforma” per altri mezzi in esercitazione in quella zona. Nella stessa serata dell’incidente un Lockeed P 3 effettuava 38 lanci di boe acustiche, in una zona prossima a quella dove transitava il Twa, evidentemente per “rilevare” un sommergibile. Quest’ultimo, compiendo una manovra evasiva, avrebbe lanciato un missile contro un radio bersaglio “tracciato” dal radar della Normandy. Il missile, che non è dotato del sofisticatissimo software dell’Aegis, avrebbe ricevuto due tracce radar: quella debole del radio bersaglio, e quella molto più vistosa del 747, che avrebbe inseguito e colpito con una testata inerte. Questa ricostruzione, largamente circolata nei media, sembra il corto circuito finale di una serie di informazioni:
*Il primo giornale a riferire l’indiscrezione del missile è il Jerusalem Post del 21 luglio in una corrispondenza da Parigi. Le fonti sarebbero funzionari dei servizi segreti francesi per i quali l’incidente del Twa sarebbe stato provocato da un missile lanciato per errore da una nave della marina americana.
*Il 17 luglio l’area Whiskey 105, un poligono marino per esercitazioni, era “attivata” per una quota di 6.000 piedi ma non per “uno specifico utilizzo” come confermava successivamente un portavoce della Us Navy perché “nessuna unità ne aveva fatto espressamente richiesta”. Esercitazioni risultavano anche su un notam della Guardia Costiera per il mese di luglio e da una newsletter di Aviation Week (Aviation Daily del 28 agosto). Nella sezione 3-43 dell’Airman Information Manual la zona “denota l’esistenza di imprevisti, spesso non visibili, pericoli per gli aeromobili come tiri di artiglieria, esercitazioni aeree a fuoco e lancio di missili”. Informazioni dello stesso tenore sulla W-105 e 106 sono contenuti nel manuale Jeppesen.
*Un Lockeed P 3 che al momento del disastro conduceva a trasponder spento esercitazioni anti-som, con il lancio di boe acustiche, si metteva a disposizione delle unità di soccorso per pattugliare la zona dell’incidente.
*La Uss Normandy si trovava nella Whiskey 105 a 185 miglia dal luogo dell’incidente, secondo quanto dichiarato dalla Us Navy.
*Più di 100 testimoni oculari a Long Island e in mare riferiscono della traccia luminosa che interseca la traiettoria del Twa 800 prima delle due esplosioni. Il particolare è confermato anche dall’equipaggio del Black Hawk in esercitazione. Una spiegazione attendibile della traccia di cui esistono due fotografie diffuse dalla stampa è che possa trattarsi delle luci di atterraggio dello UsAir, che a 16.000 piedi dirige verso Providence, e la cui traiettoria di discesa lo porta a prua del Twa prima della successiva virata. L’Atc di Boston chiede al Twa 800 di volare livellato sino a scongiurare il conflitto di traffico con l’UsAir, e lo autorizza a salire al livello 210 qualche attimo prima della sua scomparsa dal radar.
*Per circa tre settimane viene diffuso su Internet un documento redatto da un ex comandante di 747 della United, Richard Russell, oggi consulente di enti aeronautici, in cui si sostiene che il jumbo Twa è stato abbattuto da “fuoco amico”. La tesi viene ripresa a novembre da Pierre Salinger, ex addetto stampa del presidente Kennedy, ma considerata non attendibile dall’Fbi perché, non confortata da alcun riscontro oggettivo. Entrambi depongono presso l’Fbi.
*C’è poi un illustre precedente: il 23 aprile dell’87 una unità della classe Aegis, la Vincennes, abbatteva per errore un Airbus 300 iraniano decollato da Bandar Abbas. In quel caso un operatore radar della centrale di tiro della Vincennes aveva rilevato un caccia iraniano in decollo e gli aveva assegnato un nominativo. Smontando di turno passava le consegne ad un secondo operatore che associava per errore il nominativo del caccia all’Airbus. Qualche minuto dopo il sistema automatico di acquisizione bersaglio della Vincennes lanciava un SM-1 perché valutava la traiettoria dell’A-300 come quella di un potenziale nemico.
Il sofisticatissimo software del radar a sintesi di fase delle Aegis, lo SPY-1D, comporta dei problemi di interfaccia con gli operatori e richiede particolari forme di addestramento, come si rileva dagli atti della commissione di inchiesta della Us Navy sull’incidente dell’87 che censura il comportamento dell’equipaggio. La centrale di tiro asservita allo SPY-1D è in grado di tracciare contemporaneamente 22 aerei nemici e di abbatterli automaticamente, a gruppi di 4, se superano l’environment di sicurezza della nave.
La bomba
A spingere per questa ipotesi erano soprattutto una serie di analogie con l’attentato al PanAm 103 di Lockerbie. La particolare dislocazione in mare dei resti del Twa 800 ha infatti molte analogie con l’incidente scozzese: la scia dei detriti si estende infatti per una lunghezza di circa 12 chilometri e con particolari raggruppamenti.
La stragrande maggioranza delle strutture pesanti sono in asse con la retta ricavata dai segnali del trasponder, salvo il portellone destro della stiva anteriore e il sistema per il condizionamento che sono a sud ed arretrati rispetto al resto (il Twa procedeva per E-N-E). Sono quindi gli elementi che cadono prima in mare (area tre), perché più vicini al’epicentro dell’esplosione, mentre la parte anteriore della carlinga impatta immediatamente dopo, seguita tre chilometri più in là dalla parte posteriore, la cui dislocazione dei resti è trasversale al senso di marcia (probabilmente per effetto della seconda esplosione).
Ovviamente la differenza di quota fra il PanAm 103 e il Twa 800 comporta notevoli disparità fra le forze dirompenti in gioco se entrambi gli incidenti sono dovuti ad una carica al plastico: la decompressione nel PanAm si verificava a 31.000 piedi quindi con una differenza fra la pressione interna ed esterna di 8 libbre per pollice quadro valore che nel Twa, che vola a 13.700 piedi, è esattamente la metà (4psi). Questo per dire che a parità di esplosivo tanto è maggiore la quota, più devastante sarà l’effetto diella carica che deflagra a bordo.
Già nei giorni successivi all’incidente alcuni tecnici segnalavano che se il disastro del Twa era dovuto a una bomba, doveva comportare una notevole quantità di esplosivo per sortire un simile effetto. La ricostruita sequenza in tre fasi degli eventi nel PanAm 103 chiarisce bene il problema: 400 grammi di Semtex provocano lo sfiato dei gas in una lacerazione di 60 cm. di diametro nella parte sinistra della stiva anteriore. L’espansione sferica dell’esplosione viene fermata dalle paratie dell’aereo che forzano i gas in alcune vie di sfogo nella fusoliera provocando bolle locali di iperpressione che innescano il fenomeno del “peeling” a macchia di leopardo. In circa due o tre secondi secondo la ricostruzione effettuata dall’Investigation Branch britannico la parte anteriore si distacca dal resto della fusoliera. L’effetto combinato dell’esplosione e delle forze generate dalla istantanea decompressione innescano poi un fenomeno distruttivo che porta al definitivo collasso della struttura del jumbo tra i 19.000 e i 9.000 piedi di quota (Air Investigation Branch Report, Issued Aug. 6, 1990).
Nel PanAm 103, anche se il plastico era collocato in prossimità del serbatoio centrale, non c’è stata alcuna deflagrazione del carburante, cosa che avviene nel Twa 800. Se tutto questo è dovuto ad una carica esplosiva allora dovrebbe avere una dimensione caratteristica, ma per paradosso non se ne trovano tracce corrispondenti al valore teorico richiesto.
Alcuni tecnici addirittura dubitano che una bomba nel bagagliaio anteriore se si fa fede a quanto emerso in precedenti attentati possa portare alla deflagrazione del carburante: il fuel Jet A-1 ha un basso indice di volatilità e richiede un innesco ad altissima temperatura. Questo per dire che l’ipotesi bomba comporta vistosissimi segnali della sua presenza di cui non sembra esserci traccia.
L’avaria meccanica
Già nei giorni successivi all’incidente nessuno sembrava credere all’ipotesi di un collasso strutturale, che paradossalmente gode più credito nelle cronache giornalistiche della prima ora di quanto non ne abbia fra gli investigatori di un incidente aereo.
La possibilità che un simile evento si presenti è remota, ma è oggetto di studio da più di un decennio all’interno dei programmi di sorveglianza per gli “aging-aircraft”.
La vita operativa di un 747 è certificata dal costruttore per un massimo di 20.000 cicli (un ciclo corrisponde a una pressurizzazione e alla conseguente depressurizzazione). La Boeing ha sottoposto un jumbo a fine vita operativa a un test con ulteriori 20.000 cicli, e ad altri 20.000 cicli la sola sezione 41, dove in precedenza molti operatori avevano segnalato microlesioni dovute a stress dei metalli, senza rilevare la presenza di quelle caratteristiche avvisaglie che potrebbero preludere a un collasso strutturale.
Si è anche lungamente indagato su un fenomeno chiamato “widespread fatigue damage” che si presenterebbe quando le microlesioni, originatesi in singole aree della fusoliera, tendono a ramificarsi in un più generalizzato sistema di “cricche” che potrebbe portare alla disintegrazione dell’intera struttura. Ma anche questa campagna di studio non ha sinora prodotto alcuna evidenza che richieda il ripensamento di quel calendario di ispezioni, verifiche e manutenzioni straordinarie, che scandisce la vita operativa di ogni macchina in esercizio.
Se in un incidente aereo le indagini non portano alla inequivocabile scoperta delle cause che l’hanno provocato, l’attenzione degli investigatori si rivolge ad eventi assimilabili che si sono verificati in passato. Il ricorso alla letteratura consente, ove possibile, di ridare impulso a un’indagine che sembra essere arrivata ad un punto morto e di risvegliare una sorta di strategia dell’attenzione nei confronti di una problematica non pienamente compresa. In questi casi si riesaminano tutti i dati raccolti, ma analizzandoli aiutati da una nuova ipotesi di lavoro, nella speranza di trovare indizi prima trascurati che aiutino a chiarire la dinamica del disastro.Nel caso del Twa 800 si stanno riprendendo in esame due incidenti del ‘90 che hanno comportato l’esplosione del serbatoio centrale. L’evento si è verificato in un Grumman E-2C Hawkeye, schiantatosi al suolo nella base di Portorico, e in un 737-300 della Philippines Airlines su una pista dell’aeroporto di Manila.
Nel primo caso si sospetta che l’incidente sia dovuto ad un arco voltaico generatosi in un cavo elettrico deteriorato in prossimità del serbatoio centrale. Nel secondo si ipotizza che ad innescare la deflagrazione del serbatoio centrale del 737 sia stato un overheating di una pompa o un cortocircuito. Vale ripetere che si tratta di ipotesi di lavoro su cui non esistono riscontri oggettivi.
Nel database del National Transportation Safety Board, dall’83 al ‘95, risultano 27 avarie a cavi elettrici in aeroplani commerciali che hanno prodotto principi di incendi o fumo in cabina. In un aereo di linea i cavi dell’alimentazione delle sonde nei serbatoi carburante lavorano a basso voltaggio (28 volt) proprio per evitare simili evenienze.
Altri sistemi richiedono cavi che lavorano a 115 volt, mentre le linee di potenza dei motori sopportano valori di amperaggio elevati . Per problemi di peso l’anima di questi cavi -il cui nome commerciale è Poly-X- è in alluminio, metallo che in presenza di cortocircuiti tende ad infiammarsi, mentre la guaina isolante è in materiale plastico (anche se con specifiche aeronautiche). Ovviamente i cavi che alimentano i vari sistemi vengono tenuti separati per scongiurare problemi, ma in zone soggette ad intense vibrazioni possono sopportare forme di attrito ed abrasioni.
Nei primi anni ‘80 la Us Navy ha lamentato così tanti problemi nei cavi di alimentazione Poly-X dei suoi Grumman F-14 Tomcat, da ordinarne una nuova serie con specifiche militari. Attrito e corrosione provocavano infatti scintille e dispersioni di energia che interferivano con i sofisticati sistemi elettronici di bordo.
Una fonte anonima della Twa riferisce che tra il ‘72 e l’81, nella flotta di Lockeed L-1011 di quella compagnia, si sono verificati 22 casi di arco voltaico in cavi Kapton (comunque non utilizzati nel Boeing 747). Il problema cavi è quindi studiato da molto tempo, soprattutto in aerei di non ultima generazione, e se ne riferisce quì per necessità di cronaca, anche se è doveroso precisare che un 747 è costituito da sei milioni di pezzi e migliaia di sistemi, per ognuno dei quali esiste una ricchissima letteratura tecnica. In altri termini un sistema tecnologico così complesso non necessariamente deve essere perfetto in ogni suo singolo componente, ma certamente entro i limiti di tolleranza.
Se è stata un’avaria a produrre la deflagrazione del serbatoio centrale del Twa 800 è quindi fatale che riferendosi alla letteratura tecnica si sospetti un cavo. Gli investigatori del Ntsb hanno trovato tracce di incendio in due dei sette serbatoi del 747: principalmente in quello centrale e in uno di riserva sull’ala destra. I danni più vistosi sono proprio su quest’ala, dove il condotto per equilibrare la pressione tra i vari vani che contengono il carburante mostra segni di incendio dall’estremità dell’ala sino all’attacco con la fusoliera.
I resti del serbatoio centrale realizzato in caucciù, come gli altri sei dimostrano chiaramente che ha sopportato un’esplosione. Ma da cosa è stata innescata? I cavi sin qui recuperati non presentano segni di deterioramento, due delle tre pompe nel centrale non mostrano segni di avaria la terza non è stata ancora recuperata e così le sonde che misurano il livello del carburante.
Il Ntsb vuole far brillare un serbatoio con pari quantità di carburante imbarcata nel centrale del Twa perché, non è neanche certo che 100 galloni di cherosene possano deflagrare per un avaria all’impianto elettrico così improvvisa da non far scattare nessun allarme. I lettori di Aviation Week fra cui tecnici ad alta specializzazione propongono nuove ipotesi di lavoro: “per la mia lunga esperienza di capo meccanico scrive Stan Martin di Little Canada, Minnesota la miscela di aria e combustibile nel serbatoio è troppo ricca per esplodere”. Stan Martin sostiene che una perdita del serbatoio abbia portato del kerosene in una “dry bay” (una paratia che separa i tank contigui), che eccessivamente riscaldata da un condotto dell’aria condizionata avrebbe raggiunto le condizioni per la deflagrazione.
Non mancano altri tecnici e studiosi della materia che ricordano incidenti del passato: ad esempio quello del 747 cargo iraniano esploso in volo nel ‘76. La commissione di inchiesta arrivò a concludere che la causa più probabile dell’incidente fosse un corto circuito in una valvola del serbatoio numero 1 che portava alla deflagrazione e al collasso dell’ala sinistra.
L’evento sarebbe stato provocato da un fulmine che avrebbe percorso l’aereo dalla prua sino all’impennaggio di coda restandovi “attaccato”. Se così è stato siamo in presenza di un evento rarissimo perché com’è noto un aereo, al pari di un’auto, è assimilabile ad una gabbia di Faraday. In ogni caso il 17 luglio le condizioni del tempo nel tardo pomeriggio erano buone, così come la visibilità, e i bollettini meteo non segnalavano alcuna attività convettiva. Forse l’ignoto lettore si riferiva alla legge di Murphy “qualsiasi evento, che abbia anche remotissime possibilità di presentarsi, si verificherà un giorno o l’altro” visto che metaforicamente è ormai certo che l’evento che ha distrutto il Twa si sia presentato come “un fulmine a ciel sereno”…
La necessità di superare lo stallo in cui sembrano cadute le indagini deve aver spinto l’investigatore-capo dell’Fbi, Kallstrom, a prendere in considerazione possibilità ancora più estreme. In una conferenza stampa alla fine di novembre dichiarava che i suoi agenti stavano minuziosamente controllando tutti coloro che a New York e ad Atene avevano avuto la possibilità di avvicinarsi al 747 della Twa nel tentativo di trovare tracce di una passata attività politica o di supporto ad organizzazioni terroristiche.
L’Fbi sta infatti riprendendo in considerazione la possibilità che sia stata una bomba ad abbattere il Twa, ad opera di un’organizzazione i cui membri abbiano una elevata “skill capability”. Il sospetto è che a far deflagrare il tank centrale del 747 sia stato un piccolissimo ordigno all’interno del serbatoio, qualcosa di molto simile alla “beffa vietcong”, che consisteva nell’introdurre nel serbatoio dei mezzi americani una granata a cui era stato tolto l’anello di sicurezza e la cui maniglia veniva tenuta chiusa da una serie di elastici.
Il carburante del serbatoio “scioglieva” dopo molte ore gli elastici e la granata brillava a grande distanza da luogo dov’era stata piazzata. Come si può ben vedere l’Fbi è a caccia del cosiddetto ago nel pagliaio, a meno che l’ennesima trovata di Kallstrom non sia ispirata dalla necessità di giustificare la presenza della sua agenzia nelle indagini.
I dissapori fra Ntsb e Fbi sono noti da tempo, Aviation Week nel numero dell’11 novembre riferiva dei molti problemi sorti da questa coabitazione forzata. L’Fbi avrebbe sottoposto il caso alla massima segretezza, al punto da complicare le ispezioni del Ntsb ai resti dell’aereo nell’hangar di Calverton. E c’è dell’altro: la catalogazione dei resti di un aereo incidentato è un’operazione molto critica nelle indagini per stabilirne le cause del disastro. Molti “reperti” del Twa 800 raccolti in mare sarebbero stati catalogati dall’Fbi in modo approssimativo, altri ancora sono stati inviati a Washington e a Quantico e sottoposti ad analisi.
Evidentemente le necessità di un’investigazione criminale sono ben diverse dalle priorità del National Trasnportation Safety Board. Il team del Ntsb è generalmente ristretto, ma “aperto” a consulenti esterni che abbiano le specifiche competenze tecniche richieste dal caso. Questo porta alla formazione di un gruppo a grande mobilità e alla diffusione di dati presso un gran numero di persone.
Il Safety Board non ha voluto commentare l’ipotesi di Kallstrom perché come ha dichiarato il suo portavoce Peter Goelz “l’agenzia non ha alcun monitoraggio sulle investigazioni dell’Fbi”.
In ogni caso, conclude diplomaticamente Goelz, “li incoraggiamo ad investigare su qualsiasi aspetto”. Forse in un futuro non troppo remoto alla ricostruzione del Twa 800 bisognerà aggiungere un capitolo e non meno importante dei precedenti che racconti la “vera” storia delle indagini.
Dissidi nell’hangar di Calverton
L’indagine sui cavi, condotta dal team del Safety Board, come si è detto non porta ad alcun risultato concreto. Così a metà dicembre del `96 viene presentata una nuova teoria. In una comunicazione di servizio alla Federal Aviation Administration, il Board scrive che la ricostruzione dei resti dell’aereo “suggerisce fortemente” che la prima esplosione si sia verificata “all’interno” del serbatoio centrale. Questo affossa, e stavolta ufficialmente, l’ipotesi del missile e della bomba nel bagagliaio. Ma esaminiamo la concatenazione degli elementi: il serbatoio centrale conteneva meno di 100 galloni di carburante, per il Board questo significa che vi era uno spazio sufficiente per la formazione di vapori. Il serbatoio è in prossimità di un impianto per l’aria condizionata che avrebbe potuto riscaldare i vapori di jet fuel A alla temperatura caratteristica richiesta per un evento esplosivo. Ma se le minuziose analisi nei cavi non avevano dimostrato alcuna traccia di arco voltaico nel vano centrale, quale evento poteva costituire l’innesco per l’esplosione del serbatoio? Alcuni investigatori del Board ritengono che si sia trattato di cariche elettrostatiche originatesi dal passaggio del carburante nella complessa rete di tubi che collegano i vari tank. Ovviamente la tesi viene considerata “esoterica” da molti specialisti, in particolare per l’elevatissima intensità richiesta per mettere in moto un processo esplosivo. Molti aerei hanno sopportato senza particolari problemi fulmini sulla fusoliera, e si tratta di scariche da milioni di volt. Per altri la tesi del Board è comunque indimostrabile perché una carica elettrostatica non lascia tracce della sua presenza. Ci sono poi contraccolpi sul piano industriale perché il Board consiglia alla Faa di emettere direttive che scongiurino il surriscaldamento dell’impianto di condizionamento, un sistema di raffreddamento del carburante nel serbatoio centrale, e addirittura chiede la possibilità di studiare un sistema che inietti nei serbatoi gas inerte.
La Boeing dirama una stizzita risposta al documento, asserendo che non esiste alcuna prova che conforti questa ipotesi e che quindi non comprende su quali basi si chiedano revisioni che costerebbero milioni di dollari per ogni 747 attualmente in servizio.
Ma non è tutto perché stavolta il proverbiale riserbo che circonda le analisi degli specialisti nell’hangar di Calverston si incrina (e non risulta che sia mai successo prima). Fonti anonime citate da un servizio della Cnn del 17 dicembre sostengono che il Board nella fattispecie l’ufficio centrale di Washington “vuole spegnere le luci e uscire dall’inchiesta”. Alcuni tecnici del gruppo investigativo di Calverston sostengono di non essere neanche stati consultati, in ogni caso la tubatura ad alta pressione più vicina al serbatoio centrale, dicono riferendosi all’eventuale evento elettrostatico, è ad oltre un metro di distanza, “probabilmente confermano altri il Board vuole spianarsi la strada per abbandonare il caso mettendo in campo una tesi che non si può nè confermare nè smentire”.
Bernard Loeb, direttore della sezione sicurezza aerea del Ntsb, pur essendo un forte sostenitore dell’avaria meccanica, cerca di smussare i toni polemici: “l’ipotesi dell’elettricità statica dice al quotidiano Newsday è una delle cinque piste su cui stiamo ancora lavorando”. Le regole del Board recitano che la stesura del rapporto finale spetta all’investigatore-capo nel caso del Twa 800 si tratta di Al Dickson che raccoglie le memorie tecniche redatte dagli specialisti chiamati a risolvere il caso. Se dalla documentazione preliminare emergono tesi difformi lo staff convoca una serie di meeting informali per appianare le divergenze, se queste riunioni non risolvono il problema allora viene nominato un gruppo di cinque supervisori che provvederanno in ogni caso alla stesura di un “final report”, accogliendo anche tesi di minoranza.
Nel caso del Twa 800 sembra questa la soluzione finale, si tratta di uno scacco per il National Transportation Safety Board che finora dopo aver analizzato centinaia di incidenti ha solo cinque casi insoluti, ma in nessuno di questi c’è stata una contrapposizione così aspra fra gli investigatori incaricati delle indagini. Il 17 gennaio, a sei mesi esatti dall’incidente, si fa il punto alla Casa Bianca alla presenza del vicepresidente Al Gore. Il caso è ormai un’emergenza politica perché le famiglie delle vittime chiedono a gran voce di sapere per quale causa sono morti i loro familiari, ma poi c’è l’annoso problema dei risarcimenti che non può essere avviato se non si chiude l’inchiesta tecnica.
Nel frattempo l’Fbi ha condotto in gran segretezza alcuni test. Nel poligono della Us Navy di China Lake, in prossimità della Death Valley, si è provveduto a sparare alcuni missili aria-aria contro bersagli statici per studiarne i segni caratteristici di impatto. L’esperimento conferma che la “firma” della testata del missile è rappresentata da una serie caratteristica di fori di ingresso e dalla deformazione dei metalli. Di questi test, che sono classificati, non si sa molto ma secondo alcune indiscrezioni anche una testata inerte avrebbe lasciato impronte inequivocabili. In ogni caso l’Fbi procede per la sua strada e fonti giornalistiche riportano di un ennesimo test da effettuare in futuro: stavolta un missile aria-aria verrà lanciato contro la carlinga di un vero 747. E’ probabile che il bersaglio sarà proprio la sezione centrale, ed è scontato che il serbatoio conterrà circa 100 galloni di carburante, come nel caso del Twa 800.
La domanda che sorge spontanea è la seguente: se i tecnici del Ntsb sono ormai certi che non è stato un missile ad abbattere il jumbo della Twa a cosa servono i test dell’Fbi? Si tratta soltanto di scappatoie per tenere aperte le indagini oppure ci sono dubbi da fugare? Se il Safety Board ha abbandonato da tempo le ipotesi dell’attentato o del “fuoco amico” per quale motivo l’Fbi le mantiene in campo smentendo sistematicamente ogni nuova ipotesi proposta dal National Transportation Safety Board? A queste domande, per ora, non c’è modo di rispondere, ma è lecito sospettare che le rivalità fra i due enti investigativi da sole non bastino a spiegare visioni così divergenti sull’evento che il 17 luglio dello scorso anno ha fatto esplodere in volo il Twa 800.