Uccisi da una nube bollente

Nuove ipotesi sulla famosa eruzione del Vesuvio, che nel 79 avanti Cristo ricoprì Pompei e le vicine città di Ercolano e Stabbia. Le 300 persone che cercarono rifugio sulla vicina spiaggia di Ercolano, infatti, non sarebbero morte per un lento soffocamento, come si è supposto finora, ma per un shock termico che li uccise in una frazione di secondo non appena furono avvolte da una nube di gas a circa 400 gradi centigradi. A sostenerlo è un gruppo di antropologi dell’Università di Napoli, che sono giunti a questa conclusione studiando le fratture delle ossa e la posizione dei resti. Lo studio ha preso spunto da uno scavo iniziato nel 1981, condotto dall’archeologo Mario Pagano nei pressi dell’antica spiaggia, che ha portato alla luce 48 salme quasi intatte. In superficie sono stati trovati corpi di adulti, con addosso soldi e oggetti di valore, mentre bambini e neonati giacevano in profondità. “Studiando i resti degli scheletri e gli oggetti che i fuggitivi portarono con sé”, spiega Pietro Giovanni Guzzo, sovrintendente agli scavi di Pompei, “è possibile fare un quadro della vita della città nelle ultime ore”. Ora gli archeologi stanno preparando i calchi delle vittime che dovranno essere esposti nella mostra “Antica gente di Ercolano” alla fine di marzo. Sebbene molto sia stato scoperto circa il momento dell’eruzione, bisogna ancora chiarire diversi aspetti sulle particolari reazioni degli abitanti nelle ultime ore prima della morte.(r.p.)

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