Un “bacio mortale” contro la leucemia linfoblastica acuta

sangue leucemia

Un “bacio mortale” per combattere la Leucemia Linfoblastica Acuta, una malattia oncoematologica che coinvolge il sangue e il midollo osseo: è quello che unisce i linfociti T e cellule B maligne responsabili della malattia, che si incontrano grazie a un nuovo anticorpo monoclonale bi-specifico, blinatumumab, da ora disponibile anche in Italia in regime di rimborsabilità. Il farmaco, che si avvale della tecnologia BiTE® (Bispecific T-cell Engager) sviluppata da Amgen, ha un meccanismo d’azione innovativo: grazie alla particolare struttura molecolare realizzata con le tecniche del DNA ricombinante, blinatumumab riesce ad attirare contemporaneamente le cellule T (globuli bianchi speciali che rivestono un ruolo centrale nel sistema immunitario, quello di riconoscere e annientare le cellule tumorali iniettando al loro interno tossine che ne causano la morte) e le cellule B maligne. In questo abbraccio, i linfociti T rilasciano enzimi proteolitici che provocano la morte delle cellule malate, concentrando dunque l’azione citotossica sul tumore.

«Nei pazienti adulti si registrano circa 7-10 nuovi casi all’anno per milione di abitanti; per questo motivo la leucemia acuta linfoblastica dell’adulto è da considerare una malattia rara. Negli Stati Uniti, per esempio, nel corso del 2015 il numero di casi stimati è stato di circa 6.000. In Europa e in Italia i dati di incidenza sono del tutto analoghi e quindi la stima di nuovi casi di pazienti adulti nel nostro paese è di circa 300 nuovi casi all’anno – dichiara Alessandro Rambaldi, Direttore dell’Unità Strutturale Complessa di Ematologia, Azienda ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo – questa leucemia insorge nel midollo osseo all’interno del compartimento delle cellule staminali emopoietiche. In particolare, il processo di trasformazione tumorale colpisce un progenitore preposto alla produzione di cellule linfatiche (i linfociti B o T). La trasformazione tumorale di queste cellule avviene di solito in modo rapido ed è dovuta allo sviluppo di alterazioni acquisite del DNA che provocano un blocco della normale maturazione della cellula midollare. Per questa ragione queste cellule trasformate non sono più in grado di dare origine a linfociti maturi e progressivamente si accumulano nel midollo osseo, portando ad una destrutturazione di tutta la sua funzione».

La terapia con blinatumomab, spiega Robin Foà, Direttore dell’Ematologia del Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, è una forma di immunoterapia: viene attivato il sistema immunitario del paziente a riconoscere le cellule malate e quindi a cercare di eliminarle. Il farmaco è il primo anticorpo bispecifico approvato in oncologia e rappresenta una strategia terapeutica rivoluzionaria per una patologia molto grave, per la quale fino a oggi le opzioni terapeutiche sono state molto limitate. Secondo i risultati di TOWER, uno studio di Fase III, rispetto alla terapia convenzionale blinatumomab ha permesso di ottenere percentuali di remissione completa di malattia significativamente più elevate e ha praticamente raddoppiato (dai 4 ai 7,7 mesi) la sopravvivenza globale rispetto alla chemioterapia standard. Risultati mai osservati con un singolo farmaco e recentemente pubblicati sul New England Journal of Medicine.

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