Un braccialetto per prevedere l’arrivo dell’influenza

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(Foto: David Mao on Unsplash)

Non sempre l’esposizione a un agente virale significa malattia certa. Sì, abbiamo imparato soprattutto negli ultimi tempi, e in modo particolare con l’avanzata delle varianti più contagiose del coronavirus, quanto sia importante scongiurare l’esposizione al virus per evitare il diffondersi del contagio e della Covid-19. Ma non sempre incontrare un virus (e parliamo in generale) significa ammalarsi e sviluppare sintomi. Esiste un modo per sapere quando succederà e per capire quanto sarà grave la malattia? Come? Per esempio, può un braccialetto rivelare la presenza di un virus e predire la gravità del decorso prima ancora dell’insorgenza dei sintomi? Sì, secondo quanto hanno dimostrato alcuni ricercatori della Duke University di Durham in uno studio pubblicato su Jama Network Open. Lo studio, va detto, è piccolo e non esente da limitazioni, ma è interessante vedere fin dove può spingersi la lettura di alcuni segnali del corpo.

Non c’è, purtroppo, solo Covid-19: a destare preoccupazione sono anche altre patologie stagionali, come l’influenza e il raffreddore, spesso legato all’infezione da rinovirus (sebbene le misure messe in atto con la pandemia abbiano contruibuito non poco ad arrestarne la diffusione in tempi recenti).

Nonostante il tempo sia un fattore decisivo nella lotta alla diffusione delle infezioni – sapendo di essere malati, Covid-19 ce lo ha ricordato ma lo sapevamo già, si eviterebbero interazioni così da ridurre il rischio di contagio -, attualmente non esistono screening in grado di identificare l’insorgenza di una patologia infettiva respiratoria prima della comparsa della sintomatologia.

Nello studio statunitense è stato utilizzato un dispositivo elettronico da polso del tutto simile agli smartwatch attualmente in commercio, dotato di particolari sensori in grado di misurare alcuni parametri vitali come la frequenza cardiaca, la temperatura della pelle e il movimento muscolare, le cui variazioni sarebbero direttamente collegabili alla presenza dell’infezione nel corpo.

Lo studio risale a quale anno fa. È iniziato nel 2015 in un campus universitario e ha coinvolto una cinquantina di volontari in tutto: ad alcuni è stato stato iniettato un rinovirus (HRV16), ad altri è stato inoculato il virus H1N1 dell’influenza (influenza A/California/03/09 (H1N1). Questi ultimi, a differenza dei primi, sono stati isolati per un periodo di tempo di otto giorni dopo l’iniezione virale. Sono stati esclusi dallo studio tutti i soggetti fumatori, le donne in gravidanza o in allattamento e le persone allergiche, immunodepresse o con una patologia respiratoria cronica. Ai partecipanti è stato chiesto di indossare un bracciale dotato di sensori biometrici con una tempistica leggermente diversa a seconda del virus iniettato: i volontari riceventi il virus H1N1 hanno indossato il braccialetto 1 giorno prima e per 11 giorni dopo essere stati infettati mentre per lo studio sul rinovirus il braccialetto è stato indossato 4 giorni prima e per i successivi 5 giorni dopo l’infezione. Al tempo stesso sono stati raccolti anche dati clinici e oggettivi per rivelare la presenza di infezioni.

Utilizzando solo i dati raccolti dai biosensori contenuti nel braccialetto sono stati in grado di rilevare l’infezione da H1N1 con un’accuratezza del 92% e dell’88% per il rinovirus. I biosensori presenti sul bracciale sono stati in grado, inoltre, di prevedere anche la gravità del decorso patologico. Nel caso di infezione da H1N1 i ricercatori hanno distinto, con una precisione del 90 %, tra l’insorgenza di una patologia di media o elevata gravità 24 ore prima della comparsa dei sintomi. L’accuratezza della previsione era pari all’89% nel caso delle infezioni da rinovirus. In generale, si legge nel paper, il periodo più critico in cui leggere i dati fisiologici riferibili a infezioni è nel giro di 24 ore dall’inoculazione (esposizione al virus), e in media si può distinguere tra infezioni o meno e gravità con un’accuratezza dell’80% da 12 a 36 ore prima della comparsa dei sintomi.

Gli autori riconoscono che lo studio in esame è stato condotto esclusivamente su due dei virus respiratori abbastanza comuni nella popolazione mondiale e su un campione ristretto di persone. Quanto osservato però lascia sperare che sensori indossabili possano predire la risposta di ognuno a infezioni virali, concludono i ricercatori, aiutando così soprattutto a restringere il rischio di contagi da parte di asintomatici.

Riferimenti: Jama Network Open

Credits immagine: David Mao on Unsplash