Un fegato in provetta da staminali indotte

Tempi lunghi e pochi organi disponibili: i pazienti in attesa di trapianto sono spesso messi di fronte a questa triste realtà. Nonostante i molti progressi fatti nel campo della medicina rigenerativa, finora non è stato possibile ricostruire un organo complesso, come il fegato, nella sua interezza e funzionalità usando cellule staminali. Ora, in uno studio pubblicato su Nature, un’équipe di ricercatori della Yokohama City University, in Giappone, mostra però di esser riuscita a creare in laboratorio un fegato umano vascolarizzato e funzionale a partire da cellule staminali pluripotenti. Ma non solo: questo “fegato artificiale” quando è impiantato nei topi si collega al sistema circolatorio dell’animale e funziona come un organo normale.

Ciò è stato possibile grazie all’uso di un nuovo approccio sperimentale, che sfrutta le proprietà di interazione e maturazione delle cellule durante lo sviluppo embrionale. Nei loro esperimenti, infatti, i ricercatori giapponesi si sono serviti di cellule staminali pluripotenti indotte umane (iPS), ossia generate da cellule adulte fatte “ringiovanire” allo stato staminale grazie all’aggiunta di un cocktail di fattori di crescita, e le hanno fatto differenziare in precursori epatici.

Successivamente, le hanno fatte crescere in presenza di cellule staminali mesenchimali, che funzionano da supporto, ed endoteliali – quelle che costituiscono i vasi sanguigni – generando così un “abbozzo embrionale” di fegato o liver bud (LB), una struttura primordiale che si forma normalmente nel feto tra la terza e la quarta settimana di gestazione e dà poi origine all’organo adulto.

Per verificare se effettivamente le liver bud potessero svilupparsi in un organo maturo funzionante, gli studiosi le hanno trapiantate in modelli animali e analizzate tramite tecniche di imaging in vivo. Quando le LB erano impiantate nei topi insieme a cellule endoteliali umane, continuavano a svilupparsi e a crescere formando dopo circa due mesi un vero e proprio “fegato artificiale”, con struttura e caratteristiche dell’organo adulto. Analisi di immuno-istochimica e dell’espressione di geni specifici delle cellule epatiche hanno confermato che le LB esprimevano gli stessi geni e si sviluppavano in modo simile a quelle normali. Inoltre, già a partire da 48 ore dopo il trapianto, sul bordo dell’abbozzo si formava un network di vasi sanguigni che lo connettevano al sistema circolatorio del topo.

L’organo artificiale mimava non solo la struttura ma anche le funzioni normalmente assolte dal fegato. Infatti era capace di produrre sostanze come l’albumina plasmatica, una delle proteine più abbondanti prodotte dal fegato, e di detossificare i farmaci rilasciando nelle urine degli animali i metaboliti derivati dalla loro scomposizione, allo stesso modo di un fegato adulto.

Secondo Hideki Taniguchi, responsabile dello studio, sebbene si debba ancora verificare se questa tecnica possa essere applicabile ai trapianti negli esseri umani, i risultati ottenuti dimostrano che usare le iPS per generare in laboratorio interi organi potrebbe rappresentare un’opzione promettente per la medicina rigenerativa e offrire, in futuro, nuove speranze a tutte le persone in attesa di trapianto.

Riferimenti: Nature doi:10.1038/nature12271
Credits immagine: Takanori Takebe

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