Un mantello dell’invisibilità che ci nasconda agli occhi delle zanzare: fantascienza? Forse no. Come ha infatti spiegato Ulrich Bernier dell’United States Department of Agriculture (Usda) al 246esimo National Meeting & Exposition of the American Chemical Society qualcosa del genere esiste già, perché sulla nostra pelle ci sono dei composti che compromettono le capacità olfattive delle zanzare, sostanze secrete dal corpo oppure dai batteri che inconsapevolmente ospitiamo, e che possono schermarci dall’attacco di questi insetti. Ma allora perché non sempre funzionano?
L’odore di una persona, spiega Bernier, deriva da centinaia di composti presenti sulla pelle, alcuni dei quali sono una calamita per zanzare. Le femmine, per esempio, succhiano il sangue per ottenere una proteina che poi sfruttano per produrre uova fertili, e possono sentire il nostro odore fin da trenta metri di distanza. Ma ci sono alcune persone che sembrano attrarre questi insetti molto più di altre.
Per capire a fondo le ragioni di questo fenomeno, il team di Bernier ha osservato il comportamento di un gruppo di zanzare rinchiuso in una scatola, e separato con uno schermo (fisicamente ma non olfattivamente) da un’area nella quale venivano spruzzate in maniera alternata varie sostanze. Alcune di queste, come l’acido lattico, attiravano il 90% degli insetti verso lo schermo: una reazione che non ha stupito i ricercatori, trattandosi di un composto naturalmente presente nel nostro sudore. Altre sostanze, invece, non hanno sortito effetti particolari, lasciando gli insetti quasi indifferenti e a volte addirittura confusi.
La prova del nove è arrivata quando i ricercatori hanno infilato una mano nella scatola, dopo che era stata spruzzata una sostanza inibente, in grado di confondere l’olfatto degli insetti. Questi, a quel punto, si sono limitati a rimanere nei dintorni senza quasi rendersi conto che c’era una presenza estranea, in un fenomeno riconosciuto come anismia o iposmia, ovvero l’incapacità o ridotta abilità di percepire gli odori. Qualcosa di simile potrebbe quindi avvenire con alcune persone piuttosto che con altre.
Come spiega Bernier infatti, ci sono dei composti chimici (che includono la 1-metilpiperzina) che bloccano l’olfatto delle zanzare, e questo potrebbe spiegare il perché queste svolazzino interessate intorno ad alcune persone, ignorandone del tutto altre. Questo tipo di sostanze agiscono da repellenti naturali in quanto hanno un’architettura molecolare che già si trova tra gli ingredienti di numerosi medicinali e prodotti simili, e sono adatte per essere integrate nei cosmetici, nelle lozioni, e in tutti quei prodotti che attualmente incorporano repellenti tradizionali.
Questi ultimi finora erano considerati l’arma più adatta a nostra disposizione per combattere questi fastidiosi insetti, spiega Bernier, e il più utilizzato, il DEET, è piuttosto efficace nonostante non siano poche le persone che non apprezzano la sensazione che procura o l’odore caratteristico. Per questo, sperimentare nuove soluzioni che prevedano l’uso di sostanze naturalmente presenti sulla pelle di alcune persone, e che compromettono l’olfatto delle zanzare, potrebbe essere una valida alternativa, “Se una zanzara non può sentire che la cena è pronta, non ci sarà ronzio, non ci sarà atterraggio, e non ci sarà puntura”, commenta Bernier.
La necessità di combattere questi insetti, sottolinea Bernier, è sempre più pressante, non solo per proteggere gli esseri umani ma anche gli animali domestici e il bestiame. Il problema delle zanzare non è infatti solamente una gran scocciatura, ma assume toni pericolosi se consideriamo che con i loro morsi trasmettono malattie come la malaria, che ogni anno mietono vittime nell’ordine del milione di persone. Negli Stati Uniti la situazione è ancora meno rosea, perché vengono trasmesse e diffuse anche rare tipologie di encefalite, una grave infiammazione del cervello. Anche i vermi piatti che causano la dirofilariosi, infestazione tipica di cani e gatti, vengono veicolati dalle zanzare, e possono essere trasmessi accidentalmente all’essere umano.
Riferimenti: American Chemical Society
Credits immagine: Johan J.Ingles-Le Nobel/Flickr