Alessandro Braccesi
Al di là dell’intuizione. Per una storia della fisica del ventesimo secolo
Bononia University Press 2008, pp. 279, euro 32,00
Nel 1992, Alessandro Braccesi uscì con un importante testo “La storia della fisica classica”. Questo seguito che qui vi presento era, perciò, atteso; anche perché la qualità del primo appariva eccellente in un panorama non molto soddisfacente di pubblicazioni a carattere storico-scientifico. E non posso certo dirmi deluso: ormai, da anni, sostengo che le difficoltà di digestione delle idee della fisica trovano un potente farmaco nella storia delle idee. Non a caso, nel titolo di questo nuovo volume è scritto: “Al di là dell’intuizione”; e siccome l’intuizione è quella, aristotelica, della cosiddetta ‘fisica ingenua’ di cui si giovano i comuni mortali non troppo distratti dalla retorica antiscientifica, il meglio che si possa fare è proprio di capire perché e come i rari fisici presenti nell’umanità hanno cambiato idea superando il livello di senso comune, almeno da Galileo in poi.
Qui, la parte prima, che riguarda la rivoluzione einsteiniana, dall’abbandono dell’etere alla relatività generale, è a dir poco un ottimo esempio di esposizione che farebbe la fortuna di quei docenti di secondaria superiore che si affannano per non bloccare il loro insegnamento all’inizio del Novecento: e non c’è manuale in commercio che renda loro questo servizio, nel perdurante nozionismo che governa la didattica in Italia nella totale negligenza della formazione universitaria degli insegnanti liceali. Questa parte è ammirevole per una grande ‘ricchezza mirata’ di idee e fatti:
gli esperimenti più importanti sono ben descritti con le loro motivazioni, la lettura è accattivante, gli sviluppi acquistano quella naturalità che veniva, appunto, sommersa dall’intuizione ingenua.
Anche la seconda parte non smentisce l’impostazione stringata ed essenziale, con un numero di personaggi decisamente più grande dell’attore unico, Einstein, che domina la prima. Molti personaggi vuol dire molti punti di vista (tanti galli a cantare non fa mai giorno), non necessariamente conciliabili ab initio: e questa è davvero una difficoltà storica della fisica quantistica. Tutto fila liscio (salvo un’improbabile osservazione, a pg 232, del positrone in camera a bolle, fatta da Anderson 30 anni prima che lo strumento esistesse) fino al capitolo II.6: “Dagli stati entangled ai fenomeni di decorrelazione”. Seguendo la mia personale inclinazione didattica, a questo capitolo avrei rinunciato; temo che molti lettori ne restino inutilmente turbati: “ma allora” – potrebbero pensare – “ci sono ancora molte cose da chiarire”.
Il fatto è che conciliare la circostanza che la meccanica quantistica funziona come ‘teoria del mondo microscopico’ con alcune difficoltà di interpretazione richiede qualche sforzo filosofico in più che ancora non è stato fatto in modo didatticamente soddisfacente. Io, avrei lasciato perdere. Ci sono tante cose a prima vista incredibili ma concrete nel mondo subatomico che è meglio occuparsi di quelle che non di filosofia: l’antimateria, i quark, i mediatori delle forze elementari ecc. sono talmente lontani da ciò che si tocca da annientare qualunque incredulo, senza bisogno di addentrarsi nelle sottigliezze della non località o del realismo. Ma non posso pretendere che in 280 pagine ci stia tutto. E questo è già tanto.