Un pezzo chiave del rompicapo dell’evoluzione è stato trovato. Si tratta del “Pierolapithecus catalaunicus”, un fossile di circa 13 milioni di anni fa scoperto nei pressi di Barcellona, in Spagna, e presentato alla comunità scientifica sulla rivista “Science”. Pur non essendo un progenitore dell’essere umano, e collocandosi in una linea evolutiva che si è probabilmente estinta, si trattadell’esemplare più prossimo all’antenato comune all’essere umano e alle scimmie. Di lui restano un centinaio di ossa, fra le quali un cranio, trovate in un’area di 25 metri quadrati a Hospitalet de Pierola. La denominazione della località catalana, non lontana da Barcellona, giustifica i nomi del nuovo genere e della nuova specie cui appartiene l’individuo trovato. Tuttavia, l’équipe che l’ha scoperto, guidata da Salvador Moyà-Solà dell’Istituto di Paleontologia Miquel M. Crusafont, preferisce chiamarlo Pau, che vuol dire “Paolo”, in catalano. Ma anche “Pace”, perché i resti di Pau sono apparsi nel periodo delle manifestazioni contro la guerra in Iraq. La ricostruzione del corpo di Pau, ha rivelato che si trattava di un individuo già adulto, ma giovane, che pesava circa 35 chilogrammi ed era alto fra un metro e un metro e venti. Le sue caratteristiche fisiche ne fanno “l’inventore della struttura corporea che sta alla base del bipedismo”, secondo Moyà-Solà. Effettivamente, Pau cominciava ad avere delle proprietà tipiche dell’essere umano e delle grandi scimmie antropomorfe. Per esempio quella di sollevarsi temporaneamente dalla posizione a quattro zampe per arrampicarsi. Lo suggeriscono la forma del torace, più largo cheprofondo, in modo tale da mantenere l’equilibrio arrampicandosi su un albero; la parte inferiore della colonna vertebrale, rigida, come nelle specie capaci di sollevarsi su due piedi; le scapole poste non di lato, come nei quadrupedi, ma sulla schiena, in modo da poter alzare le braccia; l’articolazione dell’avambraccio, che permetteva a Pau un movimento precluso ai suoi progenitori, quello che si fa quando si saluta con la mano. La faccia di Pau, poi, doveva avere dei tratti abbastanza familiari, simili a quelli delle scimmie antropomorfe moderne. Infatti, già non presentava un ponte osseo fra le orbite. In altre parole, il muso era totalmente al di fuori del suo campo visivo, come il naso per l’essere umano. L’età di Pau è stata individuata col “paleomagnetismo”, ovvero l’individuazione dell’orientazione dell’asse terrestre (che s’inverte ogni 100.000 anni) nella sua epoca. Il periodo individuato è il Mioceno Medio, fra 12,5 e 13 milioni di anni fa. Uno dei periodi più “silenti” dal punto di vista delle testimonianze fossili. L’ipotesi che Pau sia un lontano progenitore dell’essere umano è esclusa dagli autori stessi dello studio. È molto più probabile che gli umani, come gli scimpanzé, gli oranghi e quasi tutte le altre scimmie antropomorfe, si siano sviluppati in Africa. “Pierolapithecus” era probabilmente una grande scimmia europea, un evento evolutivo locale, che si è estinto senza dare discendenza zoologica”, commenta Emiliano Bruner, del dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo dell’Università di Roma “La Sapienza”. “Le sue caratteristiche anatomiche e la sua datazione lasciano pensare che nello stesso periodo ci fosse in Africa qualcosa di molto simile, altre specie di scimmie antropomorfe affini a Pierolapithecus che potrebbero aver fornito il materiale evolutivo originario per una successiva speciazione di scimpanzé, gorilla, e Uomo”. Il problema è che il registro fossile africano, nel Mioceno medio, è estremamente povero.Quindi, conclude Bruner, “anche se Pierolapithecus è probabilmente indipendente dalla linea evolutiva delle scimmie antropomorfe attuali, è un buon modello per ipotizzare come doveva essere il suo ‘fratello’ africano”.