Se l’avesse saputo, il professor Otto Lindenbrock, il genio scientifico creato dalla penna di Jules Verne, avrebbe rinunciato al suo viaggio al centro della Terra: stando a quanto raccontano su Science i ricercatori dell’Amherst College e della University of Texas at Austin, tra non molto potremo conoscere in dettaglio la composizione e le caratteristiche dell’interno del nostro pianeta stando comodamente seduti in laboratorio. Ma il condizionale è ancora d’obbligo: la tecnica descritta dagli scienziati si basa su una quinta forza (che si aggiungerebbe a gravità, elettromagnetismo, forza nucleare forte e debole) che non è stata ancora rivelata: la cosiddetta interazione spin-spin a lungo raggio. Se esistesse, tale forza “esotica” connetterebbe la materia sulla superficie della Terra con quella centinaia o migliaia di chilometri sottostante, nelle profondità del mantello, e permetterebbe dunque di studiare a distanza le proprietà dell’interno del nostro pianeta.
In altre parole, è come se le particelle subatomiche (elettroni, protoni e neutroni) potessero “sentire” reciprocamente la propria presenza anche se spazialmente separati. “La cosa più gratificante e allo stesso tempo sorprendente è che la fisica delle particelle potrà un giorno essere utilizzata per studiare le profondità della Terra”, sostiene Jung-Fu “Afu” Lin, professore associato alla Jackson School of Geosciences e coautore del lavoro. Il mantello della Terra, spiega Lin, è uno strato geologico che si trova tra la crosta esterna e il nucleo, ed è composto principalmente da minerali e composti ferrosi.
Una proprietà quantistica delle particelle di cui sono fatti questi minerali, lo spin, diventa polarizzato, cioè si orienta in una particolare direzione dello spazio, grazie all’influenza del campo magnetico terrestre. È un po’ quello che succede quando si avvicinano due calamite: a seconda di come si dispongono i loro poli, le interazioni creano attrazione o repulsione tra i due magneti. I fisici ritengono che gli spin delle particelle del mantello possano interagire allo stesso modo con quelli delle particelle sulla superficie della Terra: sarebbe questa la natura della forza spin-spin a lungo raggio che stanno cercando.
In ogni caso, l’esperimento non è riuscito a mostrare evidenze della sfuggente interazione: i ricercatori presumono che, se esiste, è sicuramente molto debole, meno di un milionesimo rispetto all’intensità dell’attrazione gravitazionale tra due elettroni. Per capire se l’intuizione è quella giusta, quindi, bisognerà aspettare la costruzione di strumenti più sensibili: solo allora, forse, Lindenbrock troverà pace.
Riferimenti: Science doi:10.1126/science.1227460
Credits immagine: Marc Airhart (University of Texas at Austin) and Steve Jacobsen (Northwestern University)