L’ultimo grido d’allarme arriva da Sir Tim Bernerns Lee: “Sarebbe meglio per tutti noi se il mercato della connettività e quello dei contenuti online rimanessero separati”. L’inventore del web fa riferimento al feroce scontro che vede contrapposte le grandi aziende di telecomunicazioni statunitensi (AT&T, Cisco, Verizon, Comcast e altre) e le principali realtà della Rete (Google, Amazon, Yahoo! e Microsoft, solo per citarne alcune).
La materia del contendere è la “neutralità di Internet”, concetto che in queste settimane è messo in seria discussione dalle grandi telco americane. Le quali per difendere e aumentare i propri profitti reclamano una Internet a due velocità dove chi vorrà passare per la via più rapida, per fornire i propri servizi, dovrà pagare, e non poco. Un po’ come avviene nella rete stradale: chi vuole prendere l’autostrada e percorrere un qualsiasi tragitto nel più più breve tempo possibile deve pagare. Per riassumere la posizione delle aziende di telecomunicazioni, ecco le dichiarazioni Edward Whitacre jr, presidente di AT&T. Che a Business Week a proposito del boom dei nuovi servizi web ha risposto: “Come pensate che arrivino ai loro clienti? Attraverso una rete a banda larga. Le compagnie di televisione via cavo ce l’hanno, noi ce l’abbiamo e loro vorrebbero usare i miei tubi (pipes) gratuitamente, ma io non glielo permetterò perché abbiamo speso dei capitali e dobbiamo averne il ritorno.
Dunque occorre qualche meccanismo grazie a cui le persone che usano queste reti paghino una porzione di ciò che stanno usando. Altrimenti perché dovrei permettergli di usare i miei tubi? L’Internet non può essere libera in questo senso e se Google, Yahoo! o qualcun altro si aspetta di usare liberamente queste reti è matto”.Una posizione che ha acquistato ancor più forza all’inizio di aprile. Quando negli Usa la Commissione parlamentare per le attività produttive ha bocciato l’ipotesi di multe salatissime (fino a 500mila dollari) per i service provider beccati a fornire connettività discriminante. Una proposta nata qualche settimana prima anche sulla spinta della lobby delle aziende che forniscono servizi on-line. In una lettera indirizzata al Congresso statunitense, Google, Microsoft e Yahoo!, preoccupati da voci che parlavano di una prossima norma antineutralità chiedevano infatti “al Parlamento di mantenere il principio di neutralità e di salvaguardare gli interessi dei consumatori […]. La struttura di Internet ha guidato l’economia americana e la produttività della nostra industria perché autorizza ad innovare senza richiedere permessi, ad utilizzare questo potente strumento senza sottostare alle discriminazioni delle compagnie che ne controllano l’infrastruttura telecomunicativa, quindi supportiamo pienamente una legislazione non discriminatoria che non deluda le decine di milioni d’utenti che sfruttano i servizi di Internet”.
Ora sembra invece che in futuro la neutralità della Rete non sarà più così scontata. Anche se in molti (in testa le due associazioni Save the Internet e Don’t Mess with the Net) non si arrendono a questa eventualità. In ordine di tempo, l’ultimo a mobilitarsi è stato un gruppo di artisti guidati dal noto compositore di musica elettronica Moby: “La libertà di Internet non è una cosa da poco, perché riguarda tutti: la Rete ha rivoluzionato la partecipazione democratica, l’innovazione economica, le arti e le modalità d’espressione. Di questo passo, diventerà un’autostrada a pagamento dove le compagnie telefoniche soffocheranno tutta l’informazione e la musica indipendente. La battaglia per la neutralità sta a cuore ai siti più amati dagli utenti: eBay, Craigslist, Google ed Amazon stanno lottando insieme per preservare la neutralità di Internet”.
Anche Michael Stipe dei R.E.M. Si è schierato: “Le grandi aziende multinazionali, aiutate dai loro amici in parlamento, stanno spingendo la nostra società verso il passato invece che verso il futuro, imprigionando il libero sviluppo delle autostrade dell’informazione”. Insomma la battaglia è ancora lunga ed è dura prevederne l’esito. Quello che è certo è che in gioco c’è il futuro e forse l’esistenza di Internet.