Una svolta nella caccia alle balene

La caccia alle balene è stata proibita dalla Convenzione Internazionale sulla Caccia Baleniera (International Whaling Commission, IWC) nel 1986; nonostante questo, continua a far parlare. La moratoria consente la caccia solamente per il sostentamento (per alcune popolazioni indigene di Islanda e Groenlandia) e per le ricerche scientifiche, una clausula sfruttato in particolare dal Giappone. Lo scorso marzo, però, la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja ha stabilito che il “programma di ricerca” nipponico, già approvato dall’IWC e che prevede battute di caccia nei mari dell’Antartide, non ha in realtà finalità scientifiche ma puramente commerciali (vedi Galileo: “Onu: stop alle baleniere giapponesi”).

È la prima volta un programma di ricerca che prevede la caccia baleniera viene giudicato da un ente diverso dalla IWC, e con una chiara presa di posizione da parte delle Nazioni Unite, come sottolineno William de la Mare e Nick Gales dell’Australian Antarctic Division, e Marc Mangel dell’Università della California, commentando la sentenza su Science questa settimana.

Già da tempo l’Australia aveva denunciato la presunta truffa messa in atto dal Giappone, e negli anni è stata più volte segnalata la scarsa consistenza della produzione scientifica giapponese in questo campo (vedi Galileo: “Caccia baleniera, l’Aja giudicherà il Giappone”). Da quando è iniziata la moratoria, il Giappone, che ha firmato la convenzione, ha sempre ottenuto la possibilità di cacciare i grandi cetacei a scopo scientifico: il permesso di caccia arrivava a un massimo di 935 balenottere minori, 50 megattere e 50 balenottere comuni all’anno. Dal 2005 al 2013 sono state catturate più di 3.500 balenottere minori (in media 390 all’anno), nessuna megattera e 20 balenottere comuni.

Sebbene il numero sia inferiore a quello consentito, si tratta di una strage che fa infuriare gli ambientalisti di tutto il mondo. Il governo del Sol Levante, d’altra parte, ha sempre difeso i propri programmi di ricerca (l’ultimo è JARPA II, Japanese Whale Research Program under Special Permit in the Antarctic), appellandosi agli obiettivi scientifici, fra i quali rientra il monitoraggio dell’ecosistema antartico e lo studio delle variazioni spazio-temporali degli stock di balenottera minore, necessario per una corretta gestione dei cetacei.

Vediamo allora quali sono le ragioni della bocciatura. La commissione dell’Onu non si è opposta in modo diretto alla pretesa scientificità del programma, ma l’ha “smontato” andando ad analizzare gli aspetti che caratterizzano un progetto di ricerca, fra cui i metodi usati per stabilire le dimensioni del campionamento, il confronto fra il campione previsto e quello prelevato, le valutazioni temporali, gli obiettivi previsti e ottenuti e il coordinamento del programma con altri progetti analoghi.

Dato che negli scorsi anni il Giappone non ha quasi mai cacciato il numero di balenottere consentito, gli esperti dell’Aia sono giunti a queste conclusioni: o i risultati non sono stati raggiunti, oppure la dimensione numerica del prelievo era stata sovrastimata. In entrambi i casi, la struttura del programma di ricerca risulta fumosa e non risponde ai criteri di ragionevolezza cui si deve conformare un lavoro scientifico. La Corte Internazionale ha quindi concluso che la gestione dei campionamenti non è quella di un progetto scientifico ma pare piuttosto improntata a criteri diversi, in linea con le accuse australiane.

La sentenza sottolinea inoltre il fatto che un progetto non può essere dichiarato “scientifico” solo perché così lo percepiscono i promotori, ma deve essere riconosciuto come tale dalla comunità internazionale.
La storia purtroppo non è ancora finita: il primo ministro giapponese Shinzo Abe, durante la sua visita in Nuova Zelanda e in Australia nel mese di luglio, ha ribadito che il Giappone continuerà a cacciare le balene a scopo scientifico e molto probabilmente è in preparazione un nuovo programma di ricerca per il 2015.

Secondo de la Mare e colleghi questa sentenza ha il merito di tenere ben distinte le prese di posizione politiche dagli aspetti tecnici, e proprio per questo può diventare un precedente importante cui fare riferimento per i prossimi sviluppi di questa vicenda. O in ogni occasione in cui sia necessario valutare un progetto di ricerca con importanti ricadute sociali.

Riferimento: DOI: 10.1126/science.1254616

Credit per l’imagine:howardignatius via Compfight cc

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