Gli schermi cambiano, ma mentre per quelli pieghevoli sembra ancora troppo presto, quelli in 3D si preparano a sbarcare su smartphone e tablet. Anche se, a differenza delle multisala del cinema in 3D, per gli smart device del futuro non ci sarà bisogno di indossare i tipici occhiali tridimensionali. Stando alle promesse del team di ricercatori degli Hewlett-Packard Laboratories di Palo Alto, California, la soluzione starà tutta in uno schermo formato da diodi che emettono luce con diverse angolazioni. Tutti i dettagli sono elencati in uno studio pubblicato su Nature.
Il fisico degli Hp Labs David Fattal e i suoi colleghi – tra cui l’italiano Marco Fiorentino – volevano superare le difficoltà tecniche che rendono incompatibili gli attuali sistemi 3D con gli schermi dei dispositivi portatili. Infatti, le visioni tridimensionali adottate da cinema e televisori di nuova generazione si basano su sistemi di polarizzazione (attiva o passiva) della luce. Significa che gli spettatori devono indossare un paio di occhiali che filtrano la luce e producono immagini differenti per ciascun occhio.
Un altro problema riguarda l’angolazione da cui lo spettatore osserva lo schermo. Se si vuole fare a meno del filtro di una lente, è necessario che sia il display stesso a inviare due immagini differenti a ciascun occhio. Ma, come è facile immaginare, uno smartphone non può intuire facilmente dove siano (e quanti siano) gli occhi che lo stanno osservando.
Dato ciò, il team di Fattal ha tenuto conto dei due principali ostacoli e ha sviluppato un display formato da diodi in grado di generare un effetto autostereoscopico. In pratica, si tratta di piccole fonti di luce multidirezionali (14 traiettorie, incrementabili fino a 64 in futuro) che possono generare immagini 3D a colori visibili da qualsiasi osservatore posizionato in un angolo di 90° e fino a un metro di distanza. In tutto, ogni pixel multidirezionale occupa un quadrato di 36 micrometri di lato: una misura di gran lunga inferiore ai 250 micron di alcuni schermi mobile in commercio.
Al momento, il display tridimensionale degli Hp Labs è in grado di proiettare immagini statiche, ma con i dovuti miglioramenti dovrebbe gestire anche sequenze in movimento. La vera barriera che potrebbe tenere lontani gli ologrammi da smartphone e tablet resta, comunque, il costo di produzione e la scalabilità del processo. Per adesso nessuna grande azienda ha in programma di commercializzare display autostereoscopici, ma visto il passo da gigante compiuto da altre tecnologie 3D (vedi le stampanti) il richiamo potrebbe essere forte. Bisogna ammetterlo, l’idea di visualizzare un oggetto in tre dimensioni sul tablet, modificarlo in tempo reale e mandarlo a stampare con un click ha un certo fascino.
Via: Wired.it
Credits immagine: Kar Han Tan