Andrew Wakefield intendeva farci una bella sommetta con quello studio che indicava una correlazione tra vaccino trivalente per morbillo, parotite e rosolia (MMR), autismo e malattia di Crohn. Sui 28 milioni di sterline l’anno (più di 33 milioni di euro), più o meno. Wakefield non era solo: dietro di lui c’era l’Istituzione per cui lavorava, la Royal Free Medical School di Londra. La scoperta della correlazione – deliberatamente inventata, come è stato appurato a gennaio del 2010 – poteva valere persino il Nobel. Era il 28 febbraio del 1998, e la ricerca veniva pubblicata su Lancet, firmata da Wakefield, John Walker-Smith, e da altri 11 medici della scuola londinese.
A rendere le cifre pubbliche è oggi il British Medical Journal che, dalla scorsa settimana, sta pubblicando l’intera inchiesta che ha portato allo smascheramento della frode scientifica (qui la prima parte e la seconda). A condurla fu il giornalista britannico Brian Deer del Sunday Times di Londra.
Le ricerche di Deer cominciarono nel 2004 con un primo articolo di denuncia, e proseguirono per ben sette anni, fino a portare Wakefield e Walker-Smith davanti al General Medical Council (GMC). Dopo i primi sospetti, il giornalista ha seguito i soldi. Per portare avanti lo studio clinico, la scuola ricevette in tutto circa 55mila sterline. Pubblico è ora anche un documento di 11 pagine in cui vengono spiegati gli affari che si potevano trarre dalla paura per il vaccino. Wakefield aveva infatti depositato il brevetto per un kit diagnostico per rivelare la presenza del virus del morbillo nei tessuti dell’intestino, e propose di fondare un’azienda per commercializzarlo. Il giro di affari sulle piazze statunitense e britannica era stimato in oltre 72 milioni di sterline l’anno.
Nelle sue ricerche, Deer ha raccolto numerose prove contro Wakefield. Prima di tutto vi è un’incongruenza cronologica: cinque bambini sui 12 (tra i 3 e i 10 anni) presi in considerazione avevano mostrato i sintomi di una disfunzione prima di sottoporsi alla vaccinazione. Indagando oltre, il giornalista scoprì anche delle forti incongruenze tra le testimonianze dei famigliari dei piccoli pazienti e quanto invece riportato da Wakefield nello studio.
Il British Medical Journal sta divulgando tutti i documenti resi pubblici durante le udienze al GMC, le analisi delle cartelle cliniche dei pazienti coinvolti e le interviste ai loro genitori (qui l’editoriale). Queste prove certe sulla falsificazione dei dati dovrebbero chiudere definitivamente la questione (lo studio è stato ritirato nel febbraio 2010). Purtroppo, in questi dodici anni Wakefield ha dato vita a leggende che sarà difficile sradicare (vedi Galileo).
Nel video, l’intervista a Brian Deer della Cnn.
Riferimento: BMJ 2011; 342:c5347; BMJ 2011; 342:c5347