La lista dei sintomi di Covid-19 è lunga e ogni paziente fa storia a sé. Fino ad oggi, comunque, avevamo imparato a conoscere alcuni campanelli d’allarme: la febbre, ovviamente; la stanchezza; sintomi parainfluenzali. Ma soprattutto anosmia e ageusia, ovvero perdita (rispettivamente) dell’olfatto e del gusto, due dei sintomi più caratteristici della nuova malattia fin dalle primissime fasi della pandemia. Con l’arrivo della variante delta, però, anche queste poche certezze sembrano destinate a crollare: secondo una recente ricerca inglese la diffusione del nuovo ceppo virale ha mutato drasticamente anche i sintomi più comuni di Covid 19, spingendo diversi esperti a chiedere di aggiornare le linee guida del ministero della Salute inglese per riflettere la nuova situazione epidemica, e assicurare le migliori chance di individuare per tempo ogni possibile catena di trasmissione del virus.
Molti sintomi, poche certezze
In effetti, la definizione dei sintomi utilizzata in Gran Bretagna fino ad oggi è piuttosto ristretta, specie se paragonata a quelle fornite da altri importanti player della sanità globale, come l’Oms e i Centers for disease control and prevention americani, e anche a quelli stabiliti dal nostro ministero della Salute, basati sulle indicazioni del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc). Dove molte autorità sanitarie indicano una lista con quasi una dozzina di sintomi da tenere d’occhio, il National Health Service inglese chiede ai cittadini britannici di fare attenzione unicamente a tre disturbi, come spia di un possibile contagio: febbre alta (sopra i 37 e mezzo), tosse e perdita di gusto/olfatto. Una lista brevissima, ritenuta da più parti inadeguata.
Perché la variante delta è così trasmissibile
“Per riaprire la società con la massima rapidità ed equità, è fondamentale migliorare la nostra capacità di controllare la trasmissione del virus”, scrive sul Bmj un gruppo di specialisti in salute pubblica inglesi: “E per riuscirci si inizia con una definizione dei sintomi Covid più ampia e appropriata al contesto in cui ci muoviamo, per arrivare a una risposta di sanità pubblica più adattabile e fondata su informazioni aggiornate”. E in effetti, come dicevamo, le informazioni più recenti su questo aspetto indicano un mutamento nella sintomatologia tipo dei pazienti Covid-19.
I nuovi sintomi
A fotografare il cambio di rotta è la Zoe Covid Symptom Study app, un‘iniziativa lanciata lo scorso marzo per mappare i sintomi più comuni di Covid-19 e la loro evoluzione nel corso della malattia, sfruttando una app gratuita e i dati (basati sull’autovalutazione) inseriti direttamente dagli utenti. Trattandosi di un progetto nato nel Regno Unito, le informazioni che offre sono relative principalmente alla popolazione inglese, e visto che al momento nel paese la variante delta è largamente preponderante possono essere interpretati come una caratterizzazione dei sintomi legati al nuovo ceppo virale.
Cosa ci dicono i dati più recenti? Che per i non vaccinati e per chi ha ricevuto solamente una dose di vaccino (parliamo quindi dei pazienti che hanno più probabilità di contrarre la variante delta, per la quale, lo abbiamo ormai imparato, solo due dosi di vaccino sembrano fornire una protezione affidabile), i primi cinque sintomi più comuni sono mal di testa, rinorrea (naso che cola), mal di gola, starnuti e tosse persistente. Sintomi estremamente comuni, che potrebbero spingere molte persone a sottovalutare la malattia, scambiando magari Covid-19 per un banale raffreddore estivo. Anche perché la perdita di gusto e olfatto, il segnale che in passato era la spia più affidabile di un’infezione da Sars-Cov-2, non entra più neanche nella top 10.
Il rischio: sottovalutare la malattia
“Covid si comporta in modo diverso ultimamente, assomiglia più a un forte raffreddore”, ha spiegato al Guardian Tim Spector, professore di epidemiologia genetica del King’s College di Londra e coordinatore del progetto Zoe Covid Symptom Study app: “Molte persone potrebbero pensare di aver preso solamente un raffreddore stagionale, e continuare a uscire di casa, andare alle feste… Pensiamo che questo fenomeno stia alimentando il problema. Quello che è importante comprendere è che dall’inizio di maggio guardando i sintomi più comuni segnalati dagli utenti della nostra app si nota chiaramente che sono cambiati rispetto al passato”.
Aggiornamenti
Perché la variante delta è così trasmissibile
Delta plus: cosa sappiamo sulla nuova variante del coronavirus
Ovviamente, al momento quelle di Spector sono solamente ipotesi. La app si basa sulle segnalazioni volontarie degli utenti e sull’autovalutazione dei sintomi. E non prevede chiaramente il sequenziamento del virus per stabilire quale variante virale abbia colpito il singolo malato. La variante delta attualmente è ampiamente prevalente, è vero, ma esistono altri fattori che potrebbero influenzare la sintomatologia dei pazienti Covid-19, come le vaccinazioni (nel Regno unito il 50% della popolazione adulta è completamente vaccinato, e quasi l’80% ha ricevuto almeno la prima dose) e l’arrivo delle temperature estive (che spingono a trascorrere meno tempo al chiuso).
Nonostante i numeri di nuovi casi in salita, inoltre, il paese non ha ancora visto schizzare verso l’alto decessi e ricoveri. E se da un lato potrebbe essere solo questione di tempo, dall’altro è possibile anche che la variante delta si stia rivelando molto infettiva, con una letalità dovuta all’efficacia di trasmissione, secondo l’Oms (e i nuovi sintomi, più blandi, potrebbero andare in questa direzione). O, scenario forse ancora più realistico, che vaccini e temperature stiano ammansuendo il virus quel tanto che basta da produrre sintomatologie meno gravi, e più simili quindi a quelle di un normale raffreddore. È presto per le certezze, insomma, ma in questo periodo di calma una delle priorità è ripristinare il tracciamento, per abbattere il più possibile la circolazione del virus, e quindi, visti i dati che arrivano dal Regno Unito, anche un semplice naso che cola potrebbe essere una spia sufficiente per scegliere di sottoporsi a un tampone.
Via: Wired.it
Credits immagine: Viktor Forgacs on Unsplash