Vitiligine e capelli bianchi, una pomata li seppellirà?

Nuove speranze per chi non vuole rassegnarsi ai capelli canuti. E per chi è ammalato di vitiligine, la patologia caratterizzata da una grave depigmentazione della pelle. Una malattia non dolorosa, né pericolosa per la vita o contagiosa, ma che rappresenta comunque una fonte di grave disagio per chi ne soffre, a causa dei cambiamenti drastici nel proprio aspetto fisico che, secondo stime, colpisce, nei soli Stati Uniti, circa due milioni di persone.

Un gruppo internazionale di ricercatori, composto da scienziati tedeschi e britannici ha verificato che in entrambe le condizioni (vitiligine e capelli bianchi) si verifica un massiccio stress ossidativo a causa dell’azione di due sostanze, perossinitrito e perossido di idrogeno, la comune acqua ossigenata, confermando ed espandendo i risultati di una ricerca precedente che aveva rilevato l’anomalia nei follicoli dei capelli bianchi. Una volta ottenute queste conferme, l’impegno dei ricercatori si concentrato nella messa a punto di un preparato, sotto forma di pomata,a base di una pseudocatalasi modificata che si attiva quando esposta alla radiazione ultravioletta B, un enzima il cui principio era già noto e applicato nella cura della vitiligine.

Il team di ricerca ha creato un gruppo di studio composto da circa 2400 pazienti affetti da varianti multiple della malattia. Una risposta di un qualche valore clinico, con l’effettiva ricomparsa della pigmentazione nella pelle o alla base delle ciglia dei pazienti, è stata registrata solo in cinque casi. Si tratta quindi di un dato da prendere con tutte le dovute cautele del caso. “Tuttavia”, ha affermato Gerald Weissmann, medico e componente della redazione del Federation of American Societies for Experimental Biology Journal, rivista che ha pubblicato i risultati della ricerca, “è stata tracciata la direzione verso un futuro in cui esista una speranza per le persone colpite da vitiligine”.

In termini statistici, i dati ottenuti da questa sperimentazione preliminare possono essere considerati trascurabili. Esulando però dalla fredda meccanica dei numeri, si può affermare che la ricerca merita di essere presa in considerazione come scintilla, innesco di scoperte ulteriori sull’origine della depigmentazione nella vitiligine, ben sapendo che la strada per arrivare a un farmaco affidabile e pronto per il commercio è ancora lunga e con molte zone d’ombra. La via potrebbe comunque essere stata tracciata anche per coloro che non si piacciono più una volta ingrigiti e che potrebbero, in futuro, affrontare il problema dei capelli bianchi… alla radice.

Riferimenti: Faseb doi:10.1096/fj.12-226779

Credits immagine: josemanuelerre/Flickr

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