Rischia di diventare un’epidemia globale, se già non lo si possa considerare così. Di diabete di tipo 2 infatti ne soffrono al mondo circa 366 milioni e nel 2030 potrebbero diventare oltre 550 milioni. Per questo si cerca di puntare su ogni intervento (soprattutto negli stili di vita) che scongiuri il rischio di malattia e le complicazioni ad essa correlate. Un aiuto oggi, secondo una ricerca pubblicata su Bmc Medicine, potrebbe arrivare dallo yogurt, che abbasserebbe il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2.
A scoprire la correlazione tra il consumo dell’alimento e il ridotto rischio di malattia, il team di Mu Chen della Harvard School of Public Health di Boston, che ha analizzato (seguendo negli anni) gli stili di vita e le abitudini alimentari di un gruppo di oltre 194 mila persone, tutte attive nel campo sanitario/veterinario, e senza malattie quali diabete, cancro o patologie cardiovascolari all’inizio dello studio. Particolare attenzione dai ricercatori è stata prestata al consumo dei latticini.
Durante il follow-up in totale sono stati registrati 15.156 casi di diabete di tipo 2. Nessuna correlazione, spiegano i ricercatori, è stata trovata tra insorgenza della malattia e consumo totale di latticini. Diversamente invece per quanto riguarda i singoli alimenti. Gli scienziati hanno infatti osservato che elevati consumi di yogurt si associavano a un minor rischio di sviluppare diabete di tipo 2, e integrando i dati con quelli di altri studi, hanno potuto quantificare questo fattore protettivo, scoprendo che circa 28g di yogurt al dì abbassano il rischio di malattia del 18%.
Ma perché lo yogurt farebbe bene al metabolismo? Un’ipotesi è che, dal momento che i probiotici riescono a migliorare il profilo dei grassi e degli antiossidanti nelle persone che già hanno diabete di tipo 2, questi potrebbero anche contrastare anche l’insorgenza della patologia, riducendone il rischio. Ma, concludono gli esperti, per capire se davvero lo yogurt abbia questi effetti serviranno dei trtial clinici costruiti ad hoc.
Riferimenti: Bmc Medicine doi:10.1186/s12916-014-0215-1
Credits immagine: maako ikeda/Flickr CC