Zika, uno studio lega il virus alla sindrome di Guillain-Barré

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(Credits: Conred Guatemala/Flickr CC)

L’epidemia di Zika nel Centro e Sud America sta destando da alcuni mesi preoccupazione, non tanto per il virus in sé, quanto per il possibile legame con complicazioni come la microcefalia, malformazione con riduzione del volume e della circonferenza cranica e la sindrome di Guillain-Barré, malattia neurologica a base autoimmune, che comporta paralisi degli arti e potenzialmente mortale. Paura che ha spinto l’Oms a dichiarare il caso emergenza internazionale, sebbene prove definitive del legame tra virus, microcefalia e sindrome neurologica, non ce ne siano ancora. E la ricerca nel frattempo continua. Così, mentre si sono accumulate diverse evidenze a sostegno dell’ipotesi Zika-microcefalia, ora arrivano anche i risultati di alcuni studi sul legame del virus con la sindrome di Guillaine Barré che, anche in questo caso, suggerirebbero (condizionale d’obbligo) un legame di causa effetto. Ma proviamo a ricapitolare quel che si sa.

Lo studio in questione non riguarda i recenti casi dovuti a epidemia del virus nelle Americhe, con eccessi della sindrome rivelati in alcuni paesi, quali Brasile, Colombia e Venezuela (dove solo per alcuni casi esiste una conferma biologica dell’associazione col virus). La ricerca riguarda invece i casi della sindrome – spesso temporanea, ma a volte con danni neurologici a lungo termine se non addirittura mortale – rinvenuti in Polinesia Francese, colpita da un’epidemia del virus, circa due anni fa.

 

Il team di ricercatori, racconta lo studio su Lancet, ha analizzato il sangue di 42 pazienti con la sindrome segnalata durante l’epidemia scoprendo che la totalità di questi aveva anticorpi in grado di neutralizzare Zika (contro circa la metà dei controllo) e l’88% di questi aveva sperimentato malattia riferibile a infezione da virus Zika nel giro di sei giorni dall’inizio dei sintomi neurologici. In nessuno dei casi in esame ci sono stati morti ma diversi hanno avuto bisogno di assistenza nei reparti di terapia intensiva e di aiuti per respirare.

“Questo è il primo studio a mostrare evidenze per cui il virus Zika causa la sindorme di Guillain-Barré”, concludono gli autori: “Dal momento che Zika si sta diffondendo rapidamente nelle Americhe, i paesi a rischio hanno bisogno di prepararsi con adeguate capacità di cure intensive per gestire pazienti con la sindrome”. Ma parliamo ancora di indizi, non di prove certe.

Come precisa David W. Smith della University of Western Australia, che firma un commento che accompagna l’articolo su Lancet, il ritrovamento di anticorpi in grado di neutralizzare il virus non è sufficiente da sé a provare un’infezione di Zika (le analisi hanno riguardato la ricerca di anticorpi e non del virus perché questo scompare presto dal sangue). La stessa procedura di andare alla ricerca di anticorpi è stata definita da Smith: “difficile quando c’è un elevato fondo elevato di infezione dengue nella popolazione”, come nel caso di quella presa in considerazione. Il problema in questo caso è l’alto tasso di cross-reazione degli anticorpi contro i flavivirus (quali sono sia Zika che dengue) e sarebbe opportuno che i test mostrassero un’abbondanza molto superiore degli anticorpi contro Zika rispetto a dengue (e solo uno dei pazienti invece presentava gli standard richiesti).

Di contro però, continuano gli autori del paper, la storia di infezioni dengue passate non era diversa tra i pazienti con la sindrome e i controlli. Inoltre la presenza di anticorpi IgM contro Zika, ma non dengue (gli IgM sono gli anticorpi prodotti nella fase iniziale delle infezioni) nei pazienti deporrebbe a sostegno di infezioni da Zika, riferisce il New York Times. Quel che è certo è che su Zika e sulle possibili complicazioni dobbiamo ancora indagare.

Via: Wired.it

Credits immagine: Conred Guatemala/Flickr CC

 

 

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