Agli inizi di febbraio l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato il possibile legame tra infezione da virus Zika e aumento dei casi di microcefalia e della sindrome di Guillain-Barré un’emergenza internazionale. Ora la stessa Oms lancia il piano strategico nella lotta alla diffusione del virus Zika e alle possibili complicazioni associate: lo Strategic Response Framework and Joint Operations Plan, un piano da 56 milioni di dollari. Perché, come sottolinea la direttrice dell’Oms Margaret Chan nell’apertura del documento: “il possibile legame con complicazioni neurologiche e malformazioni nei bambini ha cambiato rapidamente il profilo di rischio di Zika, facendolo passare da una minaccia lieve a una di proporzioni molto serie”.
Il piano, spiegano dall’Oms, servirà a migliorare e potenziare i sistemi di sorveglianza, controllare la diffusione dei vettori del virus, realizzare campagne di comunicazione del rischio, fornire assistenza medica, e ovviamente, per finanziare la ricerca su test diagnostici, vaccini e nuove terapie.
Dei 56 milioni 25 serviranno a finanziare l’Oms e i suoi uffici regionali americani, 31 finanziaranno il lavoro dei partner dell’agenzia. A questo, aggiunge la Reuters, si aggiungono i 2 milioni del fondo di emergenza stanziato dall’Oms per finanziare le operazioni iniziali.
Tra questi ci sarebbero alcune azioni per contrastare la diffusione degli insetti vettori (la zanzara Aedes aegypti) e quindi del virus stesso. Tenendo bene a mente che il controllo della diffusione delle zanzare è complesso, costoso e messo a dura prova dalla diffusione della resistenza agli insetticidi. Nel caso in particolare, sistemi quali l’uso di insetticidi e repellenti vanno superati da azioni più ampie, sottolinea l’Oms, incoraggiando i paesi a investire su queste strategie. Perché contrastare la diffusione e le punture delle zanzare significa contrastare la diffusione del virus (malgrado evidenze di trasmissione sessuale del patogeno, quella per punture di zanzare infette resta la principale via di diffusione del virus).
Così dall’Oms arriva per esempio la raccomandazione a iniziare trial per valutare efficacia e rischi associati all’utilizzo di zanzare geneticamente modificate, come quelle sviluppate da Oxitec, in grado di passare alla prole un gene letale in modo tale che muoia prima di raggiungere l’età adulta e essere in grado di riprodursi. Strategia che si è già mostrata promettente.
Ma non ci sono sono le zanzare gm (che i complottisti non hanno tardato a identificare come la causa dell’epidemia di Zika). Altre strategie al vaglio sono il rilascio di maschi di zanzara sterilizzati con basse dosi di radiazione, tecnica già usata con successo dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica e la Fao ricorda l’Oms e l’utilizzo di maschi di zanzara infettati con batteri Wolbachia, che non infettano esseri umani né mammiferi. Quando però le zanzare si accoppiano con maschi portatori del batterio le uova non si schiudono. La tecnica è già stata utilizzata contro la dengue in diverse regioni, dall’Australia al Brasile, e nuovi trial su vasta scala cominceranno a breve, conclude l’Oms.
Tutto questo nel tentativo di scongiurare la diffusione del virus, ritenuto tra le cause dell’aumento dei casi di microcefalia e altri disordini neurologici, ma su cui, ribadiamo, sappiamo ancora poco. Solo ieri è è arrivato un altro bollettino da parte delle autorità sanitarie brasiliane relativo alle diagnosi di microcefalia nei neonati: degli oltre 5 mila casi sospetti finora 508 sono stati confermati (per microcefalia o altre alterazioni del sistema nervoso) e 837 scartati. Per il resto le indagini sui quasi 4mila casi continuano, cercando di stabilire se siamo davvero di fronte a un’impennata di malformazioni e soprattutto di capire se questo sia dovuto o meno alle infezioni di virus Zika. Perché la questione è complicata e incerta.
Sebbene ancora non esistano prove certe, il ritrovamento del virus nel cervello di due neonati con microcefalia, vissuti poche ora, rafforza l’ipotesi della connessione. Ma al tempo stesso, ricordiamo, che paesi come la Colombia, seppur interessati dall’epidemia non hanno riscontrato a oggi un aumento dei casi di microcefalia.
Via: Wired.it
Credits immagine: