Lo zinco è un micronutriente essenziale per la nostra salute. Partecipa alla funzione del sistema immunitario, dell’olfatto e del gusto. A livello biologico partecipa alla proliferazione e divisione cellulare, si ritrova in tantissimi enzimi, ed è fondamentale per il corretto funzionamento del nostro metabolismo e nell’espressione genica. Dopo il ferro, è il più abbondante degli elementi in traccia corpo (si parla appena di un paio di grammi in tutto il corpo). Ed è uno dei protagonisti della ricerca di rimedi contro Covid-19.
Zinco, Covid-19 e infezioni respiratorie
Basta farsi un giro sul database americano delle sperimentazioni cliniche ClinicalTrial.gov per rendersene conto. Sono molti gli studi clinici che cercando di capirne il potenziale, insieme ad altri integratori, nella prevenzione e trattamento di infezione da Sars-CoV-2. Accanto a vitamina D, vitamina C e omega-3, solo per citarne alcuni, terapie sperimentali a base di zinco coinvolgono anche trattamenti discussi sui quali la scienza ha già dato delle risposte, come ivermectina e idrossiclorochina, per cui mancano in generale prove di efficacia. Molti studi che riguardano anche lo zinco sono ancora in corso ed esprimersi a riguardo è ancora prematuro, almeno per il Covid-19.
Discorso diverso, ma solo in parte vedremo, è per quel che riguarda l’efficacia delle zinco contro le infezioni respiratorie in generale. Se infatti l’offerta degli integratori di zinco, proposti come aiuto nella lotta all’influenza, raffreddore e a sostegno del sistema immunitario in generale, è vasta, così come la letteratura scientifica in materia, le conclusioni rimangono poco chiare.
Non per tutti a onor del vero: pur mettendo i limiti alla ricerca sul campo, per i National Institutes of Health, per esempio, lo zinco aiuta il recupero in caso di raffreddore, soprattutto se assunto a ridosso dell’insorgenza dei sintomi, nel giro di 24 ore. E di zinco si parla anche nei trattamenti efficaci contro il raffreddore in uno speciale dedicato della rivista dell’American Academy of Family Physicians, da assumere nel giro di tre giorni dall’inizio dei sintomi. Pareri analoghi in una revisione della Cochrane di qualche anno fa: riduzione della durata e gravità dei sintomi come trattamento, di incidenza come profilassi se assunto per qualche mese, ma senza raccomandazioni.
La nuova metanalisi e le infezioni respiratorie
Di studio sullo zinco se ne continuano ad accumulare di continuo e periodicamente c’è chi cerca di mettere ordine nella mole enorme di studi in materia. Lo ha fatto il team di Jennifer Hunter della Western Sydney University in Australia in una metanalisi appena pubblicata su BMJ Open, raccogliendo le evidenze che emergono da 28 trial clinici randomizzati. Ovvero studi che hanno cercato di comprendere l’efficacia dello zinco come trattamento e prevenzione contro le infezioni respiratorie (o meno confermate) rispetto a dei gruppi controllo, escludendo studi in cui lo zinco fosse somministrato con altri prodotti (come altri nutraceutici o farmaci), a meno che lo questi non fossero usati come controllo, precisano gli autori.
In totale l’analisi ha riguardato oltre 5.000 persone, in genere in buona salute e con sintomi influenzali al più lievi o moderati (nessuno riferito al coronavirus, su cui pertanto il giudizio rimane ancora sospeso), realisticamente senza sindromi da carenza di zinco. Tavolette, spray, gel a base di acetato di zinco e gluconati di zinco sono state le formulazioni più usate, assunti in dosi molto variabili (e su questo ci torneremo), mediamente più basse se assunte giornalmente per alcuni mesi a scopo preventivo, e ancora più basse se usate come spray nasale, mentre più elevate in caso di trattamento ristretto a qualche giorno (nel complesso si parla di valori che oscillano tra 1 mg circa a 300 mg al dì). Solo uno degli studi analizzati aveva diagnosi confermate di infezioni virali, alcuni invece testavano l’efficacia dello zinco dopo aver inoculato dei rinovirus nei partecipanti (causa appunto di raffreddori).
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Il meccanismo di azione dello zinco
Dei benefici dello zinco, di cui si parla da tempo (almeno dagli anni Ottanta secondo qualcuno, all’indomani dell’arrivo dei primi studi in materia) e principalmente imputabili all’attività in vitro antivirale dello zinco, capace di ridurre l’infiammazione delle mucose e ancora di attivare cellule del sistema immunitario, ricordano Hunter e colleghi. Che mettendo insieme le evidenze in materia, riassumono così: “Quando lo zinco è usato come profilassi, c’è stato un rischio più basso di contrarre una malattia clinica consistente con un’infezione virale del tratto respiratorio acquisita a livello di comunità [soprattutto per sintomi più gravi come la febbre scrivono, nda], ma non in seguito alla diretta inoculazione di rinovirus. In caso di trattamento, invece, lo zinco ha mostrato di ridurre la durata dei sintomi e la gravità dei sintomi al terzo giorno, ma non la gravità dei sintomi giornalieri nel complesso”. In genere, aggiungono, lo zinco è abbastanza sicuro, con effetti avversi non gravi (quali nausea o disturbi gastrointestinali, per esempio). E quindi?
Rimane l’incertezza
Rivolgendosi direttamente ai consumatori – che in maniera indiretta, analizzando le vendite in caso di pandemia, avevano già promosso integratori come lo zinco, ricordano gli autori – gli scienziati ammettono che rimane ancora una notevole “incertezza sull’efficacia clinica delle diverse formulazioni, dosi e vie di somministrazione di zinco e che il livello di efficacia potrebbe essere influenzato dall’epidemiologia in continua evoluzione dei virus che causano le infezioni respiratorie”. Efficacia che a volerla quantizzare, significa due giorni in meno di sintomi o della riduzione di cinque casi di infezione per 100 persone/mese (il che equivale, semplificando, ad avere 5 infezioni in meno se 100 persone fossero seguite per un mese). Ci si appella infine, neanche a dirlo, a ulteriori ricerche nel campo.
Via: Wired.it
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